L’obbligo Pos interessa ormai imprese e professionisti sin dal 30 giugno. Tra dibattiti e proteste, spesso si sottovaluta il reale motivo per il quale tale strumento è stato introdotto: limitare l’uso del contante e contrastare l’evasione.
E allora, in che modo l’Amministrazione Finanziaria potrebbe ricostruire i ricavi sulla base dei dati relativi alle transazioni avvenute con carta di debito?
Ebbene, a tal proposito occorre rilevare come l’Amministrazione Finanziaria potrebbe effettivamente accertare la mancata emissione degli scontrini a seguito del controllo dei pagamenti avvenuti con carte di debito/credito.
Non è quindi necessario che i verificatori si rechino presso i locali per verificare l’emissione degli scontrini fiscali, ben potendo gli stessi contestare la medesima violazione semplicemente sulla base dei pagamenti bancari che, in quanto tali, sono perfettamente tracciati.
Un aspetto sul quale è necessario inoltre focalizzare l’attenzione riguarda il fatto che sono comunque applicabili le sanzioni di cui all’art. 12 del Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.
Pertanto, nel caso in cui siano contestate, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale, compiute in giorni diversi è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio dell’attività medesima per un periodo da tre giorni a un mese. Inoltre, se l’importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione eccede la somma di euro 50.000 la sospensione è disposta per un periodo da un mese a sei mesi.
Potrebbe tuttavia ben accadere che, a fronte di un incasso con carta di debito, lo scontrino sia stato regolarmente emesso.
Si pensi, a tal proposito, al commerciante che, dopo aver emesso due scontrini, provveda a ricevere il pagamento con un’unica transazione.
Ma può anche essere il caso di un gruppo di clienti che decidono di pagare ognuno la sua quota, sebbene abbiano ricevuto un solo scontrino o ricevuta fiscale.
Se è vero che, in considerazione delle premesse prima richiamate, sarebbe sicuramente buona abitudine emettere gli scontrini dello stesso importo del pagamento effettuato (evitando quindi di accorpare o suddividere singole transazioni), è altrettanto vero che l’imprenditore non può essere penalizzato così pesantemente per questo banale aspetto.
Per questo è stato giustamente ritenuto come effettivamente la “prova del Pos” non potrebbe rappresentare un valido presupposto per l’irrogazione delle sanzioni, soprattutto se le stesse sono così rilevanti.
Ecco perché, ad esempio, la Ctr dell’Aquila, con la sentenza 188/2013, ha ritenuto che la semplice non corrispondenza tra le risultanze del Pos e gli scontrini fiscali non può essere automaticamente correlata alla mancata emissione degli scontrini stessi.
Allo stesso modo si è espressa la Ctr di Milano, con la sentenza 122/19/2010 e la Ctr della Toscana, con le Sentenze 46/18/2009 e 55/2009.
Altrettanto interessante è la sentenza 405/2008 della Ctp di Chieti. In questo caso viene posto l’accento sull’aspetto probatorio.
È stato infatti correttamente sottolineato come l’Amministrazione Finanziaria, nel limitarsi a provare il pagamento a mezzo Pos in mancanza dell’emissione dello scontrino fiscale, finisce per addossare al contribuente una prova assolutamente impossibile da fornire, quale è quella relativa al fatto di aver in realtà assolto agli obblighi fiscali.
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