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Residenza fiscale: i criteri convenzionali

3 Novembre 2014silvanaNews
Nel caso in cui un contribuente risulti fiscalmente residente in Italia in base ai criteri dettati dall’art. 2 del Tuir (per la maggior parte del periodo d’imposta, è in possesso di uno dei seguenti requisiti: iscrizione alle liste anagrafiche della popolazione residente; domicilio nel territorio dello Stato; residenza nel territorio dello Stato) e risulti anche fiscalmente residente in un Paese estero in base alla normativa interna di quel Paese, per dirimere la controversia sulla definizione della residenza fiscale del soggetto si dovrà far ricorso, ove esistente, alla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dall’Italia con il Paese estero di riferimento.

Come noto, le Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia seguono il prototipo convenzionale rappresentato dal Modello OCSE 2010.

L’art. 4, paragrafo 2, del Modello OCSE 2010 definisce il c.d. tie break rules ovvero una serie di criteri per determinare, in ipotesi di dual residence, quale dei due Stati contraenti dovrà prevalere nel considerare residente il contribuente persona fisica.
I criteri in questione non sono alternativi tra loro, ma seguono un ordine gerarchico ai fini della loro applicazione. Al riguardo, è opportuno soffermarsi sull’interpretazione fornita dall’Ocse in merito ai concetti di:

• “abitazione permanente”;
• “centro degli interessi vitali”;
• “soggiorno abituale”;
• e “nazionalità”.

Esaminiamo, quindi, cosa s’intende per “abitazione permanente”.
Il commentario al modello OCSE 2010 fornisce dei criteri per la definizione di tale abitazione.
In particolare, si prevede che un soggetto abbia un’abitazione permanente in un Paese:
• con riferimento sia a una casa di proprietà ovvero posseduta in locazione;
• se dispone di un’adeguata organizzazione che gli consenta una lunga permanenza.

In sostanza, l’individuo deve essere organizzato in modo tale che sia evidente che la permanenza non è destinata ad essere di breve durata. Il commentario afferma che “The permanence of the home is essential”; ciò significa che l’individuo deve avere a sua disposizione tutti i giorni, consecutivamente, la dimora e non per fini di un soggiorno di breve durata.

Qualora il soggetto possieda un’abitazione permanente in entrambi gli Stati, il secondo periodo del paragrafo 2, articolo 4 del Modello OCSE 2010 prevede che “è considerato residente dello Stato con il quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali)”.
Le disposizioni in commento collegano il centro degli interessi vitali all’esistenza congiunta di relazioni personali ed economiche.
Non di rado, tuttavia, si assiste a casi in cui il soggetto ha stabilito la sede delle proprie relazioni familiari in un luogo e quella degli interessi economici e patrimoniali in un altro. In questi casi, giurisprudenza e prassi dell’Amministrazione finanziaria attribuiscono una certa prevalenza alle relazioni di tipo familiare.

Generalmente, l’analisi si conclude a tale stadio, in quanto è quasi sempre possibile stabilire l’esistenza del centro degli interessi vitali in uno solo degli Stati.

Tuttavia, ipotizzando che non si riesca a stabilire l’esistenza di un centro degli interessi vitali in nessuno dei due Paesi, si dovrà far riferimento alla dimora abituale o, in mancanza, alla nazionalità del soggetto.
Nella definizione di dimora abituale del Commentario OCSE 2010 non si fa riferimento a un tempo preciso.
Si fa riferimento, invece, a un periodo sufficiente di tempo per poter determinare se la residenza in ciascuno dei due Stati è abituale.

Nel caso in cui l’applicazione gerarchica dei criteri descritti non permetta di identificare in modo univoco la residenza fiscale del soggetto, si dovrà ricorrere alla procedura amichevole.
L’art. 25 del Modello OCSE 2010 disciplina la c.d. procedura amichevole alla quale si può ricorre, su iniziativa del contribuente o su iniziativa delle autorità competenti degli Stati contraenti, ogni qualvolta vi sia incertezza nell’applicazione delle disposizioni Convenzionali o l’applicazione delle norme convenzionali non elimini la doppia imposizione a carico del contribuente.
Con la C.M. 5.6.2012 n.21/E, l’Amministrazione Finanziaria è intervenuta sul tema della composizione delle controversie fiscali internazionali, analizzando dettagliatamente le procedure amichevoli, così come disciplinate nell’articolo 25 del Modello OCSE 2010 e nella Convenzione Arbitrale.
In questa sede si segnala che l’art. 25, par. 1, del Modello OCSE 2010 dispone che se una “persona” reputa che si sia realizzata, o si possa realizzare, nei suoi confronti una imposizione non conforme alla Convenzione, essa può presentare il caso all’autorità competente del proprio Stato di residenza o, o all’autorità competente dello Stato di cui possiede la nazionalità.
In alternativa all’istanza di parte, la procedura amichevole può essere attivata dalle autorità competenti degli Stati contraenti.

Autore: Redazione Fiscal Focus

http://www.fiscal-focus.info/fisco/residenza-fiscale-i-criteri-convenzionali,3,24445

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Tag: #domicilioitalia, #residenzafiscale, #tassazioneresidenza

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