È quanto emerge dalla sentenza n. 2355/03/14 con cui la Commissione Tributaria Provinciale di Bari ha ritenuto inammissibile il ricorso prodotto da un’impresa di costruzioni, avverso il diniego dell’Amministrazione finanziaria all’interpello disapplicativo della normativa antielusiva prevista per le società di comodo.
La decisione muove dall’articolo 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, che non cita il diniego in questione tra i provvedimenti impugnabili in Commissione tributaria, ma anche dalla considerazione che il diniego non può essere equiparato a un avviso di accertamento in senso lato, trattandosi di un atto che non comporta alcuna attività di accertamento “e, anche se potenzialmente preordinato all’emissione di un avviso di accertamento, è allo stato un provvedimento direttoriale che non ha contenuto di carattere impositivo, sia dal punto di vista formale che sostanziale, tale da suscitare l’interesse immediato del destinatario ad insorgere giudizialmente contro di esso per evitare effetti lesivi della propria sfera giuridica”.
Tale interpretazione, per la CTP, sarebbe avvalorata dalla forma di comunicazione prevista dalla legge perché il diniego deve essere portato a conoscenza dell’interessato mediante servizio postale, fax o PEC, il che “fa comprendere – scrivono i giudici – l’essenza dell’atto che è solo un parere che non deve essere portato a conoscenza dell’istante con una formale notifica a garanzia dell’effettiva ricezione dell’atto e del preciso rispetto dei termini per l’impugnazione”.
Nel caso in esame, quindi, la CTP di Bari ha dichiarato inammissibile il ricorso della contribuente.
Orientamento consolidato. È bene evidenziare che la pronuncia in rassegna non rappresenta un caso isolato nell’ambito della giurisprudenza tributaria pugliese. Per esempio, con la sentenza n. 75/05/13, anche la CTR della Puglia (Bari) ha escluso che il diniego disapplicativo sia atto impugnabile ai sensi dell’articolo 19 del D.Lgs. 546/92 e che lo stesso provvedimento abbia contenuto di carattere impositivo, tale da suscitare l’interesse concreto e attuale ad agire in giudizio.
Il provvedimento di diniego, ha spiegato il Collegio regionale, non comporta la formalizzazione di alcuna pretesa tributaria, limitandosi a costituire un contributo interpretativo dell’A.F. cui il contribuente ha la facoltà di conformarsi o meno. Pertanto, l’eventuale impugnazione proposta dal contribuente deve considerarsi inammissibile, poiché l’unica forma di tutela legittima del suo interesse, “è quella dell’impugnazione dell’avviso di accertamento emesso a seguito del mancato adeguamento alle determinazioni contenute nel provvedimento di rigetto dell’istanza di disapplicazione. Se così non fosse, potrebbe accadere che la stessa questione venga valutata in sede di ricorso avverso la risposta data all’istanza di disapplicazione ed in sede di ricorso avverso l’accertamento, con evidente violazione del principio del ne bis in idem e con il rischio che si pervenga a giudicati diversi e contrastanti” (cfr. CTR Puglia n. 75/05/13).
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