Sostanzialmente, si realizza una “dissociazione” tra residenza reale e residenza fittizia/formale del soggetto passivo (persona fisica o società), che persegue lo scopo di assoggettare i propri redditi a tassazione in un paese o in un territorio a fiscalità privilegiata. La normativa domestica che consente di individuare la residenza fiscale per gli enti diversi dalle persone fisiche è contenuta negli artt. 5, comma 3, lett. d) e 73 del D.P.R. n. 917/1986.
Onere della prova – Le disposizioni di legge prevedono che la società di capitale è considerata fiscalmente residente in Italia quando per la maggior parte del periodo d’imposta ha avuto la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. La normativa di riferimento ha, pertanto, previsto tre criteri (uno di carattere formale; gli altri aventi carattere sostanziale), per collegare fiscalmente le persone giuridiche al territorio nazionale:
– la sede legale;
– la sede dell’amministrazione;
– l’oggetto principale.
Sarà onere dell’Amministrazione Finanziaria provare che la società verificata sia effettivamente residente in Italia, nonostante la formale istituzione all’estero.
Le contestazioni dell’Amministrazione Finanziaria in tema di esterovestizione riguardano esclusivamente la sede dell’amministrazione della società estera rinvenibile in Italia, a causa di documentazione, reperita tramite ispezioni nelle sedi italiane, da cui si evince che le decisioni strategiche vengono assunte in Italia.
La strategia di difesa – La strategia di difesa della società dovrà essere tesa a dimostrare che gli impulsi decisionali, le strategie aziendali, la direzione e il coordinamento non avvengono sul territorio dello Stato italiano. Ad esempio, si dovrà dimostrare che il luogo dove gli amministratori si riuniscono abitualmente e assumo le decisioni strategiche per l’impresa è nello Stato estero. Altri elementi utili a dimostrare l’esistenza all’estero di un’effettiva attività d’impresa sono rappresentati dal la disponibilità all’estero di contratti ed utenze, nonché di contratti di locazione di immobili, ovvero esistenza effettiva di un’organizzazione diuomini e mezzi idonea allo svolgimento della predetta attività d’impresa (es. personale dirigente, addetti commerciali/amministrativi, CFO, Country Manager estero). L’impossibilità di fornite tali elementi di prova renderà la vita facile all’Amministrazione Finanziaria.
La presunzione di esterovestizione – Mentre il comma 3 dell’articolo 73 del D.P.R. n. 917/1986 prevede i criteri sostanziali di collegamento delle società formalmente costituite all’estero, con il territorio dello Stato Italiano, il comma 5-bis dello stesso articolo 73, con l’obiettivo di contrastare “fenomeni patologici” riconducibili alla residenza fiscale delle società, ha introdotto una presunzione legale relativa che prevede l’inversione, a carico del contribuente, dell’onere della prova, dotando l’ordinamento tributario di uno strumento che solleva l’Amministrazione finanziaria dalla necessità di provare l’effettiva sede dell’amministrazione di società o enti che presentano elementi di collegamento con il territorio dello Stato.
Il legislatore ha, dunque, invertito l’onere di provare la residenza effettiva della società estera prescindendo, ovviamente, da dove sia ubicata la sede legale.
In tale caso, sarà onere del contribuente dimostrare l’effettiva residenza della società nello Stato estero.
http://www.fiscal-focus.info/fisco/esterovestizione-le-strategie-di-difesa,3,26112
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