Allo stato attuale, la suddetta Direttiva, recepita nel nostro ordinamento nell’art. 27 –bis, D.P.R. 600/1973, prevede l’esenzione dei dividendi nello Stato della fonte qualora la società madre, ovvero quella che detiene una partecipazione diretta non inferiore al 10 per cento del capitale della società che distribuisce gli utili (20% nella normativa italiana), possegga i seguenti requisiti:
– deve possedere una delle forme enumerate nell’allegato I, parte A, della Direttiva;
– secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, sia considerata come avente il domicilio fiscale in tale Stato membro e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non sia considerata come avente tale domicilio fuori dell’Unione;
– che inoltre sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, della Direttiva o a qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte ivi indicate.
Altro requisito necessario è che la partecipazione sia detenuta ininterrottamente da almeno un anno.
Viene ora prevista una ulteriore condizione per usufruire dei benefici fiscali della suddetta Direttiva; si tratta, in particolare, della clausola anti abuso, in base alla quale l’esenzione dei dividendi nello Stato della fonte può essere concessa esclusivamente in presenza di valide ragioni economiche, mentre sarà impossibile usufruire dei suddetti benefici se “l’operazione” ha il solo obiettivo di ottenere un vantaggio fiscale.
Gli Stati membri dovranno recepire la modifica entro il 31 dicembre 2015, con la facoltà per ciascun Paese di stabilire regole più stringenti, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dalla Direttiva.
Stabilire in concreto quando sia presente una valida ragione economica o quando invece l’operazione ha la finalità di ottenere indebiti vantaggi fiscali, in base alle linee guida dettate dalla Direttiva, non sarà affatto semplice, con l’effetto di moltiplicare le contestazioni dell’Amministrazione Finanziaria.
Sarebbe stato forse più efficace inserire una clausola anti abuso conforme al Modello OCSE, nel quale si subordina l’applicazione delle stesse disposizioni al concetto di “beneficiario effettivo”. Il concetto di beneficiario effettivo (beneficial owner) è un chiaro concetto antiabuso, al fine di evitare il c.d. Treaty shopping, ovvero l’adozione di strategie volte ad ottenere i vantaggi fiscali derivanti da alcune Convenzioni altrimenti non applicabili.
Nel caso in cui i dividendi siano erogati a società e agli enti soggetti a un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella c.d. White List, l’impossibilità di applicare la Direttiva Madre e Figlia, porterà all’applicazione in Italia dell’art. 27, co. 3 – ter, D.P.R. 600/1973 che prevede l’applicazione di una ritenuta titolo di imposta con l’aliquota dell’1,375 per cento.
http://www.fiscal-focus.info/fisco/direttiva-madre-figlia-clausole-piu-restringenti,3,25259
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