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Società di comodo: il ritardo impedisce la difesa

17 Luglio 2014silvanaNews

La giurisprudenza si concentra sull’istanza di interpello

Tre sentenze, a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, mettono in risalto l’importanza dell’interpello ai fini della disapplicazione della disciplina delle società di comodo, lasciando non poche perplessità.

Interpello necessario per la CTP di Pisa
La prima sentenza che in questa sede si vuole richiamare è quella della Commissione Tributaria provinciale di Pisa, più precisamente la numero 437/1/2014, depositata il 3 giugno 2014.

Con la sentenza in oggetto i giudici chiariscono che, al fine di poter disapplicare la disciplina delle società di comodo, è sempre necessario presentare l’interpello.

Qualora l’Amministrazione non accolga le giustificazioni presentate dal contribuente, quest’ultimo potrà eventualmente impugnare il diniego: non è invece possibile, secondo l’interpretazione fornita dai giudici, impugnare l’avviso di accertamento se non è stato presentato prima l’interpello.

Un’interpretazione, questa, che lascia notevoli dubbi.
In primo luogo perché è stata la stessa Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 32/E del 14/06/2010 a dichiarare superato l’orientamento circa l’inammissibilità del ricorso in mancanza di presentazione dell’istanza di interpello, richiamato nella Circolare n. 7/E del 2009.

L’orientamento contrario della Cassazione

Di segno diametralmente opposto è l’orientamento espresso dalla Cassazione con la sentenza n. 16183/14 del 15 luglio 2014.

Secondo gli Ermellini, infatti, la procedura di interpello rappresenta per il contribuente una mera facoltà che consente di conseguire, in caso di risposta positiva da parte dell’Ufficio, una certezza dei rapporti con l’Amministrazione.
Non può invece ritenersi che l’interpello rappresenti la via obbligata per il superamento della presunzione posta a carico del contribuente.

È sempre consentito, quindi, al giudice di merito, valutare la presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, anche se la società non ha presentato interpello preventivo.

La preventività dell’interpello
Un’altra sentenza rilevante è quella della Commissione Tributaria Provinciale di Bologna (sentenza 1005/05/14).
In questa fattispecie i giudici si concentrano sul caso di un contribuente che, pur avendo presentato l’interpello, ha trasmesso la dichiarazione prima di ricevere al risposta.

Lo stesso contribuente ha successivamente impugnato il diniego, ma l’Amministrazione, nel costituirsi, ha eccepito pregiudizialmente l’inammissibilità del ricorso per:
• difetto del requisito di impugnabilità dell’emesso diniego,
• e per carenza di interesse ad agire in capo alla società ricorrente, in quanto la stessa aveva presentato la dichiarazione prima di ricevere l’esito dell’interpello.

I giudici quindi, se da un lato hanno ribadito l’impugnabilità del diniego, dall’altro hanno comunque respinto il ricorso, accogliendo quanto eccepito dall’Agenzia delle entrate: la presentazione della dichiarazione senza attendere la pronuncia del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, unita al fatto che la dichiarazione era stata compilata in maniera difforme da quanto prospettato nell’istanza, ha lasciato ritenere ai giudici l’assenza dell’interesse a impugnare il diniego.

Rimane tuttavia ferma la possibilità, per la società in oggetto, di impugnare un futuro ed eventuale avviso di accertamento.

Autore: Redazione Fiscal Focus

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Tag: accertamento, amministrazione, interpello, sentenza

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