Nonostante venga costantemente sbandierato il libero mercato come principio irrinunciabile, anche solo l’aver trasferito dei risparmi leciti all’estero e derivanti da un’attività lavorativa reale e rispettabile, rischia di spingere il contribuente all’esasperazione.
Molti intermediari finanziari del settore addirittura fanno confusione tra attività sommerse da far emergere e attività finanziarie lecite da gestire, aiutati in questo dalla poca certezza della disciplina normativa e dalla schizofrenia del legislatore fiscale.
Gli ultimi provvedimenti in materia di collaborazione volontaria (voluntary disclosure) e di monitoraggio fiscale stanno creando ancora più caos.
In quest’ultimo contesto il legame tra la disciplina fiscale del monitoraggio (quadro RW) e quella dell’antiriciclaggio è sempre più stretto, come è chiaro dalle novità che hanno interessato la formulazione del D.L. n. 167/90, strettamente correlate alle norme antiriciclaggio.
Differenze tra disciplina antiriciclaggio e monitoraggio fiscale – Lo scopo che si è posto il Legislatore è duplice:
– semplificare gli adempimenti degli intermediari finanziari e degli altri operatori obbligati a segnalare all’anagrafe tributaria le operazioni oggetto di monitoraggio, creando una corrispondenza con l’AUI (archivio unico informatico), tenuto ai sensi dell’art.36 del D.Lgs. 231/07 (art.1, co.1 del D.L. 167/90);
– estendere gli obblighi di compilazione dell’RW ai titolari effettivi delle attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero, in modo tale da fruire di maggiori informazioni (art.4, D.L. n.167/90).
Per attuare correttamente gli obblighi dichiarativi imposti, va tuttavia fatta particolare attenzione nell’individuare le differenze tra le due discipline:
– se il D.Lgs. n. 231/07 definisce come titolare effettivo sempre una persona fisica, ai fini del monitoraggio fiscale tale qualifica può essere assunta anche da soggetti diversi. La citata circolare, chiarisce, infatti che il requisito soggettivo di “titolare effettivo” è riferibile anche agli altri soggetti tenuti agli obblighi di monitoraggio in sede di presentazione di Unico, come ad es. gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate, comunque residenti in Italia.
Inoltre, circa la determinazione della quota di possesso rilevante ai fini del superamento del limite del 25%, oltre il quale opera una presunzione assoluta di titolarità effettiva:
– nella disciplina del D.Lgs. n.231/07 (normativa antiriciclaggio), nell’ipotesi in cui più soggetti, diversi da persone fisiche, controllino una partecipazione al capitale della società-cliente o una percentuale dei diritti di voto nella società superiore al 25%, il criterio di individuazione del titolare effettivo del cliente trova applicazione con riguardo a ciascuno dei citati soggetti;
– nella compilazione dell’RW, invece, in caso di catene societarie la soglia del 25% va determinata tenendo conto dell’effetto demoltiplicativo relativo alla partecipazione indiretta.
Infine, l’ultima differenza tra le due discipline concerne la rilevanza dei familiari ai fini della determinazione della titolarità effettiva. La Circolare n. 38/E/13 in proposito chiarisce che:
– ai fini della determinazione della percentuale rilevante per essere considerato “titolare effettivo” di società e di altre entità giuridiche, si vanno considerate anche le partecipazioni dei familiari, parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado;
– in materia antiriciclaggio, invece, il vincolo familiare rileva esclusivamente qualora sottenda a una situazione di controllo in altro modo sulla direzione dell’entità giuridica (art. 2, co.1, lett. a), n. 2, dell’Allegato tecnico al D. Lgs. n. 231/07); ad esempio, se il capitale sociale di una società è suddiviso tra cinque soggetti appartenenti alla medesima famiglia e, quindi, nessuno detiene più del 25% delle quote, in tal caso può essere che la concreta direzione della società venga ricondotta a uno soltanto di essi, in virtù della posizione rivestita nel contesto familiare.
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