Gli ermellini hanno accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate nell’ambito di una controversia concernente un avviso di accertamento per imposte (IVA, IRES e IRAP 2004) nei confronti di una Srl unipersonale.
L’atto è stato dichiarato illegittimo dalla CTR di Milano; ma la Suprema Corte ha ritenuto tale verdetto viziato perché, secondo orientamento costante, per la valutazione ai fini fiscali delle manovre sui prezzi di trasferimento interni, costituenti il cosiddetto transfer pricing domestico, va applicato il principio, avente valore generale, stabilito dall’articolo 9 del D.P.R. n. 917/86, che non ha soltanto valore contabile e che impone, quale criterio valutativo, il riferimento al normale valore di mercato per corrispettivi e altri proventi, presi in considerazione dal contribuente. Ciò in applicazione del divieto di abuso del diritto, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei a ottenere agevolazioni o risparmi d’imposta, in difetto di ragioni diverse dalla mera aspettativa di quei benefici.
Nel caso esaminato, hanno osservato i giudici del Palazzaccio, la CTR meneghina non ha escluso che un’operazione di transfer pricing domestico, fra società operanti in Italia, possa dar luogo a un’elusione fiscale; tuttavia la medesima Commissione – come giustamente lamentato dalla ricorrente Agenzia – non ha adeguatamente valutato “il notevole divario rispetto alle indicazioni Omi e le sospette operazioni societarie poste in essere a pochi mesi dalla conclusione del contratto”. Il giudice di secondo grado, pertanto, dovrà “procedere a una nuova valutazione delle circostanze, anche valutando se dalla operazione compiuta sia derivato un vantaggio fiscale per la contribuente”.
wordpress theme by initheme.com