L’articolo 1, al co. 1011 e ss., della Legge di Bilancio 2018 prevede, infatti, l’introduzione, a partire dal 1 gennaio 2019, di un’imposta gravante sulle transazioni digitali relative alle prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici, la c.d. web tax. La nuova imposta si sostanzia in una flat taxdel 3% da applicare ai corrispettivi al netto dell’IVA derivanti dalle prestazioni di servizi effettuate con mezzi elettronici dalle web companies siano esse residenti o meno in Italia.
La nuova imposta verrà applicata ai soli rapporti business to business e non anche a quelli business to consumer, nonostante questi rappresentino la quota più significativa del business in oggetto.
In concreto, la web tax è dovuta solo se la transazione è effettuata nei confronti:
Affinché la transazione sia soggetta al nuovo tributo, dunque, è necessario che il committente della prestazione sia residente in Italia: le prestazioni rese dalle web companies italiane nei confronti di non residenti, infatti, non sono assoggettate ad imposta. Restano poi esclusi, per espressa disposizione di legge, i soggetti aderenti al regime forfettario ex lege n. 190/2014 e quelli che rientrano nel cosiddetto “regime di vantaggio” per l’imprenditoria giovanile di cui all’art. 27 del D.L. n. 98/2011. Per quel che concerne le imprese agricole, invece, sebbene inizialmente escluse, con la versione definitiva della Legge di Bilancio, queste sono state incluse nel novero dei soggetti destinatari della disposizione in commento.
Sempre sul piano soggettivo, si precisa altresì che l’imposta si applica solo se il soggetto ha effettuato nel corso di un anno solare un numero di transazioni “digitali” superiore alle 3.000 unità. Tuttavia dalla disamina della legge, non si evince se ai fini del computo della suddetta soglia debbano essere prese in considerazione le prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici nei confronti dei sostituti d’imposta o se, al contrario, debbano computarsi tutte le prestazioni di servizi di tale natura effettuate nei confronti di qualsivoglia soggetto.
Ma veniamo adesso al punto saliente dato dalla vasta portata applicativa della nuova imposta. La web tax colpirà tutti i servizi resi tramite mezzi elettronici. Nello specifico, il comma 1012 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2018 utilizza la medesima definizione fornita dal Regolamento n. 282/2011 in materia di IVA, quando precisa che “si considerano servizi prestati tramite mezzi elettronici quelli forniti attraverso Internet o rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione”.
Benché lo stesso comma 1012 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2018 rimanda al decreto del MEF, da emanarsi entro il 30 aprile 2018, l’individuazione analitica delle prestazioni di servizi oggetto della nuova imposta, il comma in questione, riprendendo la formulazione contenuta nell’art. 7, paragrafo 1, del Regolamento comunitario n. 282/2011 in materia di IVA, anticipa quali prestazioni saranno potenzialmente oggetto della neo introdotta web tax.
Dalla lettura del suddetto Regolamento, di seguito schematizzato per una più agevole comprensione, si evince la vasta portata normativa della nuova previsione di legge. Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del Regolamento n. 282/2011, rientrano nell’ambito dei “servizi prestati tramite mezzi elettronici”, ad esempio, le prestazioni di fornitura di prodotti digitali in generale, compresi i software, i servizi pubblicitari, la concessione, a titolo oneroso, del diritto di mettere in vendita un bene o un servizio su un sito Internet che operi come mercato on line, le offerte forfettarie di servizi Internet (Internet service packages, ISP), i servizi di Hosting di siti web e di pagine web, la fornitura on line di spazio sul disco, l’accesso o scaricamento di software (tra cui software antivirus), l’accesso o lo scaricamento di fotografie e immagini, il contenuto digitalizzato di libri e altre pubblicazioni elettroniche, l’abbonamento a giornali o riviste on line, lo scaricamento di sigle o brani musicali, suonerie o altri suoni, lo scaricamento di film, ecc.
Per quanto detto, ne discende che rimangono escluse dalla web tax potenzialmente solo le transazioni di commercio elettronico indiretto, ossia quelle transazioni telematiche con consegna materiale del prodotto. In questi casi, infatti, i mezzi elettronici servono esclusivamente per l’ordine, mentre l’oggetto del contratto è un bene fisico (es. l’avvocato Rossi acquista un libro professionale sul negozio online della casa editrice e riceve il prodotto presso il suo studio. In questo caso, la transazione non rientra nell’ambito applicativo della web tax, in quanto trattasi di commercio elettronico indiretto).
Quanto alla procedura da seguire per l’applicazione del tributo in questione, vi è da dire che lo stesso è stato concepito alla stregua di una ritenuta a titolo d’imposta, nonostante la sua natura “ibrida”, essendo dovuto sui corrispettivi e non sul reddito. La web tax viene, infatti, prelevata all’atto del pagamento del corrispettivo dai soggetti committenti dei servizi che fungono da sostituti d’imposta. Questi ultimi sono tenuti a versare la somma dovuta entro il giorno 16 del mese successivo. Si ponga il caso di un professionista abbonato ad una rivista on line. Sulla base della nuova normativa, dal 1° gennaio 2019, il professionista in questione, fungendo da sostituto d’imposta, dovrà operare la ritenuta del 3% all’atto del pagamento del corrispettivo, che dovrà essere versata entro il giorno 16 del mese successivo. Tuttavia restano ancora da chiarire quali e se ci saranno ulteriori adempimenti fiscali, conseguenti l’applicazione della web tax, ai quali sarà soggetto il sostituto d’imposta; infatti le modalità applicative del tributo, ivi compresi gli obblighi dichiarativi, saranno stabiliti dal Decreto Ministeriale attuativo e dai Provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate da emanarsi in corso d’anno.
In ultimo si evidenzia che, per le imprese italiane e per quelle residenti nel territorio dello Stato, è stato previsto un credito d’imposta pari all’importo della web tax utilizzabile solo ai fini del versamento delle imposte sui redditi. Di fatto, per le imprese italiane, l’imposta sui servizi digitali altro non è che una ritenuta in acconto sull’IRES. La ratio è quella di evitare la doppia imposizione in capo alle imprese italiane o che hanno una stabile organizzazione in Italia. L’eventuale eccedenza potrà, poi, essere utilizzata in compensazione per il pagamento dei debiti tributari di cui al c. 2 lettere a), d), f) e g) dell’art. 17 D. Lgs. n. 241/1997, vale a dire IRPEF o IRES, IRAP, contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa nonché di contributi INAIL. Ai fini della suddetta compensazione ci si potrà avvalere solo ed esclusivamente del modello di versamento F24 in formato digitale, pena lo scarto dell’operazione di pagamento e solo a partire dal giorno 16 del mese successivo al termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.
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