La sentenza. È quanto emerge dalla sentenza n. 739/23/14 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia (Sez. Staccata di Bari).
La vicenda. La controversia trae origine da un accertamento di maggiori ricavi, in applicazione degli studi di settore. L’atto impositivo è stato impugnato dalla società contribuente per contestare principalmente le operate riprese a tassazione di componenti negativi di reddito, posto che l’esistenza di maggiori ricavi era stata desunta non già sulla base di concreti elementi probatori o presunzioni gravi, precise e concordanti, bensì sulla scorta di una rielaborazione non corretta dei dati dichiarati nel modello TM01U relativo allo studio di settore per tale annualità.
L’eccezione non ha convinto i giudici delle CTP di Brindisi, ma ha trovato terreno fertile nel giudizio d’appello.
Accertamento illegittimo. La CTR della Puglia accoglie il gravame della società, poiché la pretesa erariale si è fondata unicamente sugli esiti dello studio di settore redatto per l’anno d’imposta oggetto di accertamento e rielaborato dai funzionari verificatori fondamentalmente su base presuntiva, senza l’apporto cioè di elementi probatori convergenti acquisibili altrove, per esempio, attraverso indagini bancarie, considerato che era nella disponibilità dei verificatori tutta la documentazione bancaria relativa agli anni accertati, rinvenuta in sede di controllo e riscontrata senza irregolarità alcuna.
Lo studio di settore, anche se frutto di rigorosi studi socio-economici, condotti secondo le moderne tecniche di rilevazione statistico-matematiche, “rimane pur sempre – osserva la CTR – una fonte di prova (juris tantum) presuntiva che, se per un verso legittima l’ufficio finanziario ad avviare un’azione accertatrice senza la necessità di ulteriori elementi comprovativi, per altro verso deve evidentemente ‘rivelare’ gravi incongruenze rispetto al risultato contabile dichiarato dal contribuente con l’effetto, poi, di spostare in capo a questi l’onere di dimostrare le ragioni giustificative del contestato scosta mento”; e ciò per espressa previsione dell’articolo 62 sexies del D.L. n. 331/93.
Tuttavia, nel caso di specie, dal vaglio degli atti causa non è emersa alcuna grave incongruenza, “non potendosi ritenere tali – scrive il collegio regionale di Bari – le lievi differenze contabili che hanno dato luogo all’esiguo scostamento del 2,22% dei ricavi accertati – mediante lo studio di settore modificato – nella misura pari ad euro 1.845.671,00, rispetto ai ricavi dichiarati in misura di euro 1.805.027,00, con una differenza pari ad euro 40.644,00. Trattasi, all’evidenza, di scostamento irrisorio che, aldilà delle singole riprese a tassazione e delle modalità di rilevazione, ragionevolmente, può essere giustificato dalle circostanze addotte dal contribuente”, ossia la nascita di molti ipermercati nelle zone limitrofe che hanno aumento la concorrenza e ridotto la clientela.
In conclusione, decidendo sull’appello della contribuente, la CTR della Puglia lo ha accolto. È stato pertanto disposto l’annullamento dell’atto impositivo con compensazione delle spese di lite.
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