Cassazione – Le più importanti, ricordiamo, sono le sentenze datate 01.12.2009, nn. 26635, 26636, 26637 e 26638, nelle quali la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ribadisce tale concetto, affermando che: “gli studi di settore, pur costituendo fuor di dubbio uno strumento più raffinato dei parametri, soprattutto perché la loro elaborazione prevede una diretta collaborazione delle categorie interessate, restano tuttavia una elaborazione statistica, il cui frutto è una ipotesi probabilistica, che, per quanto seriamente approssimata, può solo costituire una presunzione semplice”.
Contradditorio – Peraltro, secondo la Cassazione, “i segnali emergenti dallo studio di settore […] devono essere corretti, in contraddittorio con il contribuente, in modo da fotografare la specifica realtà economica della singola impresa la cui dichiarazione dell’ammontare dei ricavi abbia dimostrato una significativa incoerenza con la normale redditività delle imprese omogenee considerate nello studio di settore applicato”.
Cassazione sent. 9712 6 maggio 2014 – Sulla stessa linea anche la recente sentenza della Corte di cassazione n. 9712 del 6 maggio 2014. In tale circostanza prima dell’accertamento l’ufficio aveva regolarmente convocato la contribuente per l’instaurazione del contraddittorio. In questa sede, peraltro, erano state fornite dalla contribuente stessa varie giustificazioni, evidentemente non condivise dall’ufficio, per sostenere l’infondatezza dei maggiori ricavi risultanti dall’applicazione di Gerico. La società impugnava allora la pretesa che però era confermata in entrambi i gradi di merito. Veniva così proposto ricorso per Cassazione evidenziando di fatto una carente motivazione dell’atto per l’assenza di qualsivoglia considerazione per il mancato accoglimento delle giustificazioni addotte in sede di contraddittorio.
Motivazione – I giudici di legittimità hanno ricordato che gli studi di settore sono rappresentativi di una situazione “standard” e forniscono un livello ritenuto “normale” di ricavi/compensi, in relazione a ciascuna specifica attività esercitata e possono segnalare una possibile “anomalia” del contribuente, individuata nello scostamento tra i ricavi/compensi dichiarati e quelli standardizzati (presunti) di GERICO, che, qualora sia tale da “testimoniare una grave incongruenza”, legittimano l’Ufficio a dare avvio all’accertamento. Il giudice tributario deve poi valutare l’eventuale applicabilità al caso concreto alla luce delle prove offerte da entrambe le parti.
Fondatezza – Nella sentenza in questione la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Ctr si era limitata ad affermare la fondatezza dell’accertamento senza però rilevare l’assenza, nell’atto impositivo, delle ragioni per le quali erano state disattese le giustificazioni del contribuente. Ne conseguiva l’illegittimità dell’atto. Ancora una volta risulta, quindi, da annullare integralmente l’avviso di accertamento, nel quale non si è dato conto delle circostanze addotte dal contribuente nel contraddittorio preventivo.
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