Spese di pubblicità – Per le spese di pubblicità relativamente alle imposte dirette il co. 2, dell’art. 108, D.P.R. 22.12.1986, n. 917, prevede che queste siano deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute ovvero in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi. Posto quindi l’addebito a Conto economico dell’intero costo di pubblicità sostenuto nell’anno, il contribuente in sede dichiarativa può scegliere di dedurre l’intero onere nell’esercizio, ovvero di spalmarlo su 5 anni in quote costanti.
Spese di rappresentanza – Rispetto alle spese di pubblicità, quelle di rappresentanza sono caratterizzate da una disciplina più articolata. Per le imposte dirette, la relativa disciplina è contenuta sempre all’interno del co. 2, dell’art. 108, D.P.R. 22.12.1986, n. 917, il quale prevede un trattamento differenziato a seconda che la spesa di rappresentanza sia o meno di valore unitario superiore a euro 50. Per gli importi superiori a detta soglia, la deduzione avverrà nel rispetto dei criteri di inerenza e congruità di cui al D.M. 19.11.2008. Per gli importi inferiori, invece, non sono previsti vincoli di carattere particolare. Relativamente all’Iva, la lett. h), del co. 1, dell’art. 19-bis1, D.P.R. 26.10.1972, n. 633 prevede l’indetraibilità dell’Iva relativa alle spese di rappresentanza, fatta eccezione per le spese di costo unitario non superiore a euro 25,82, per le quali l’Iva risulta invece detraibile.
Spese di valore pari o inferiore a 50 € – Come sopraesposto, le spese di valore pari o inferiore a 50 euro ai sensi del terzo periodo, del co. 2, dell’art. 108, D.P.R. 22.12.1986, n. 917, sono deducibili per il loro intero ammontare nell’esercizio di sostenimento del costo. Apparentemente la norma sembrerebbe molto lineare, tale da non lasciare adito a dubbi. A ben vedere, la dizione di “valore unitario” però non è molto semplice da decifrare, nel momento in cui il sostenimento della spesa non avvenga tramite lo scambio con economie terze. Il riferimento è ai beni distribuiti gratuitamente, la cui produzione e scambio rientrano nell’attività propria dell’impresa. Sul punto è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la R.M. 27/E/2014.
Agenzia delle Entrate – Sul punto l’Agenzia, sottolineando come con il termine “valore” anziché “costo” (il riferimento al costo viene fatto invece in ambito Iva dove viene consentita la detraibilità dell’Iva relativa alle spese di rappresentanza sostenute con riferimento ai beni di costo unitario non superiore a euro 25) il Legislatore abbia voluto fare riferimento al concetto di valore di mercato di cui all’art. 9, D.P.R. 22.12.1986, n. 917, ha evidenziato come, mentre con lo scambio fra economie terze il valore unitario viene praticamente a coincidere col prezzo praticato dal fornitore, in caso di omaggio c.d. autoprodotto ci sarà sempre una discrasia tra quello che è il costo unitario di produzione del bene e il relativo valore unitario ovvero, in via speculare, il prezzo praticato nei confronti di un potenziale cliente.
Valore unitario – Occorrerà allora fare riferimento al valore unitario per quanto riguarda l’individuazione del regime di deducibilità, che sarà libero nel caso in cui tale valore sia non superiore a euro 50, ovvero condizionato al test di congruità di cui al D.M. 19.11.2008 in caso di importi superiori.
Costo sostenuto – Una volta stabilito il regime, ciò che rileverà sarà però il solo costo effettivamente sostenuto, il quale sarà dedotto in misura integrale in caso di valore normale non superiore a euro 50, ovvero nei limiti del plafond di deducibilità di cui all’art. 1, co. 2, D.M. 19.11.2008, in caso di valori superiori.
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