A partire dal 2006, le società c.d. non operative o “di comodo” sono state oggetto di interventi normativi e di varie indicazioni di prassi in quanto ipotesi di “potenziale elusione”, consistente nel fruire del regime di impresa (ai fini IRES-IRPEF /IRAP / IVA) senza però svolgere una reale attività economica – commerciale.
La normativa primaria di riferimento in materia è rappresentata dall’art. 30 della L. 23.12.1994, n. 724, modificato dapprima dal D.L. 04.07.2006, n. 223 (convertito dalla L. 4.8.2006, n. 248), e quindi dalla L. 27.12.2006, n. 296 e dalla L. 24.12.2007, n. 244.
La condizione di società non operativa (snop) scaturisce dalla presenza di un determinato volume di asset patrimoniali, con i quali vengono confrontati i ricavi della società (“test di operatività”): se questi sono troppo bassi rispetto a un valore percentualmente determinato in base ai beni patrimoniali (immobilizzazioni), la società ha l’obbligo di dichiarare un reddito minimo presunto, anch’esso determinato percentualmente in base agli asset.
La società può essere soggetta ai vincoli previsti per le società di comodo anche se è operativa (presentando ricavi superiori ai valori del test di operatività), nel caso in cui ricorra la condizione di perdita sistemica (5 dichiarazioni fiscali in perdita consecutive, ovvero 4 sole dichiarazioni in perdita, se nel rimanente periodo di imposta del quinquennio il reddito dichiarato è inferiore rispetto a quello minimo presunto).
La condizione di snop o sps obbliga le società a:
In questi casi, attraverso l’interpello probatorio – di cui all’art. 11, comma 1, lett. b), L. n. 212/2000 – è possibile dimostrare al fisco che nel caso specifico, per una certa annualità, esistevano condizioni in grado di legittimare la non applicazione della normativa speciale (e quindi di giustificare il contribuente che anziché adeguarsi al “reddito minimo presunto” dichiara il reddito reale).
Tra le cause giustificative della situazione di non operatività, la prassi interpretativa dell’amministrazione finanziaria ha valorizzato le crisi “di settore” (circolari 26.02.1997, n. 48, 02.02.2007, n. 5/E, 09.07.2007, n. 44/E).
La situazione del 2020, del tutto inedita, non può tuttavia paragonarsi a un’ordinaria “crisi di settore”: tutti o quasi i settori economici, infatti (ad eccezione di alcuni, quali ad esempio, in determinati casi, quelli fortemente presenti nel commercio elettronico, oppure il settore alimentare della GDO, o quello farmaceutico o della produzione di dispositivi di protezione – DPI), hanno subito il contraccolpo dell’emergenza sanitaria e sono stati penalizzati dal c.d. lockdown nazionale e dalle successive restrizioni regionali, e dal crollo dei consumi, dall’arresto degli scambi internazionali, dal blocco del turismo.
Pertanto, nell’ottica dell’interpello, o anche della dimostrazione da fornire in dichiarazione o in sede di contraddittorio con l’ufficio fiscale, quello che in precedenza era oggetto di una dimostrazione puntuale da fornire con riguardo alla specifica situazione di una determinata impresa, nella maggioranza dei casi, dovrebbe tramutarsi in un “fatto notorio”. Ciò non significa che i contribuenti saranno del tutto esonerati dalla necessità di fornire degli elementi istruttori (ad esempio, la dichiarazione dell’agenzia immobiliare incaricata di reperire potenziali conduttori dell’immobile proposto sul mercato, circa l’infruttuosità degli sforzi compiuti), ma che le informazioni fornite dai contribuenti dovranno essere fatte valere, contestualizzate e valutate in un’ottica generale.
Occorre considerare che nel 2020 sicuramente ricorrono condizioni anomale (un PIL in caduta stimata del 9-10%), ma che il 2020 è pure l’anno nel quale si presentano le dichiarazioni fiscali del 2019, e che gli interpelli probatori presentati nel 2020 si riferiscono, per l’appunto, al 2019. Ciò significa che la società non operativa nel 2019, in mancanza di idonea dimostrazione, potrebbe risultare penalizzata appunto nel 2020, anche se in tale anno si verificano per condizioni “emergenziali” tali da giustificare la situazione di non operatività: a maggior ragione, sarà quindi necessario fornire adeguate dimostrazioni anche per l’anno precedente (2019), per non rischiare la produzione di effetti fiscali sfavorevoli in una situazione drammatica nella quale potrebbe anche mancare la liquidità necessaria per far fronte ai maggiori oneri previsti (dichiarazione del reddito minimo presunto, super – IRES, blocco del credito IVA).
Nel corrente anno 2021, invece, per la generalità dei soggetti con periodo di imposta solare vanno presentate le dichiarazioni (e pertanto, preventivamente rispetto a queste ultime, gli interpelli) riferiti proprio all’anno “critico” 2020.
Come sopra già osservato, ben difficilmente il 2020 potrà essere considerato dal fisco (che vede ora “ribaltata” la stessa sua tradizionale “filosofia” di intervento) come un periodo di imposta normale. Difficile attendersi, infatti, dalle imprese “superstiti”, la produzione di un risultato economico coerente con i parametri previsti dalle norme anti – società di comodo: peraltro si trattava di valori percentuali piuttosto “robusti”, fatti per un periodo di relativa vivacità economica, caratterizzato dalla domanda di abitazioni, uffici, etc.
Sarà difficile, tuttavia, escludere del tutto un effetto di “trascinamento” delle condizioni del 2020 anche sui successivi esercizi / periodi di imposta, a seconda dei vari settori economici. Ciò per diversi motivi: si pensi ad esempio al settore turistico, legato anche a una tradizionale stagionalità e dipendente dalle relazioni internazionali (in diversi casi, gli Stati di provenienza della “popolazione turistica” ordinariamente prevista hanno a loro volta adottato misure di chiusura delle frontiere verso l’Italia). Può quindi presentarsi un “mercato” che per riprendersi pienamente avrà bisogno di mesi se non di anni. Inoltre, il 2020 può aver registrato perdite destinate a ripercuotersi pesantemente sulle annualità successive, causando una maggior fragilità finanziaria, oltre a un abbassamento dei prezzi dei beni e servizi commercializzati dall’impresa (suscettibile di determinare l’“incongruità” dei relativi risultati economici).
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