Per la Terza Sezione Penale, la comunicazione dell’INPS è a forma libera, cosicché anche il mancato ritiro e la “compiuta giacenza” possono essere oggetto di valutazione per quanto riguarda la prova della conoscenza dell’accertamento della violazione da parte del datore di lavoro. Il che rileva ai fini della causa di non punibilità prevista dall’articolo 2 del D.L. 463/1983, posto che il datore di lavoro non è punibile se provvede al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.
Gli ermellini hanno confermato la condanna inflitta dalla Corte d’appello di Salerno a un imprenditore che non ha versato all’INPS le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti per alcuni mesi del 2007.
L’imputato ha dedotto la nullità della notifica dell’accertamento della violazione da parte dell’INPS poiché effettuata per mezzo del servizio postale senza il rispetto delle dovute formalità. Di conseguenza, la Corte territoriale avrebbe erroneamente affermato che l’imputato non si era attivato tempestivamente (entro tre mesi) per estinguere il reato attraverso il pagamento di quanto preteso dall’ente previdenziale.
Ebbene, il vizio di notifica lamentato dall’imprenditore non è stato ravvisato dalla Suprema Corte, che ha comunque ritenuto sufficientemente motivata sul punto la decisione impugnata.
Dal Palazzaccio fanno presente che la comunicazione della violazione da parte dell’INPS è caratterizzata dalla libertà di forma, che esclude, quindi, che la stessa debba presentare i requisiti della notificazione. Erra dunque il ricorrente quando afferma il contrario, evidenziando, a sostegno della tesi dell’irregolarità della comunicazione in questione, la mancanza dei seguenti adempimenti: indicazione dell’avvenuto deposito del plico presso l’ufficio postale, indicazione che l’atto non è stato ritirato entro i termini di legge, indicazione dell’avvenuta compiuta giacenza e della sottoscrizione dell’agente postale e, infine, indicazione della data di restituzione dell’atto al mittente.
Per la corrispondenza raccomandata, precisano i supremi giudici, la legge (art. 40, D.P.R. n. 655/82) prevede solo un periodo di giacenza prima della restituzione al mittente, preceduto dall’inserimento nella cassetta postale dell’avviso di giacenza che, come noto, consente il ritiro del plico presso l’ufficio postale; e nel caso di specie la “compiuta giacenza” è stata debitamente attestata dall’ufficiale postale sulla cartolina relativa alla raccomandata oggetto di controversia, cosicché la comunicazione è stata ritenuta dal giudice di merito “regolarmente effettuata”.
Dunque la Suprema Corte ha deciso di confermare la sentenza impugnata. Nel far ciò, ha enunciato il seguente principio di diritto: in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, la comunicazione della contestazione dell’accertamento della violazione è a forma libera, cosicché anche il mancato ritiro e la “compiuta giacenza” possono essere oggetto di valutazione per quanto riguarda la prova dell’avvenuta comunicazione dell’accertamento dell’omesso versamento.
Al ricorrente non resta che pagare le spese del giudizio.
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