Il 2017 rappresenta il primo esercizio in cui detti “contribuenti minori”2 calcoleranno il reddito secondo un sistema ibrido, che prevede la rilevazione di componenti della gestione caratteristica per lo più con il criterio di cassa e il ricorso al criterio di competenza per altri elementi reddituali, salvo opzione per il regime ordinario.
In tale sistema di determinazione del reddito non rilevano affatto le rimanenze finali/iniziali, o, più correttamente, le variazioni delle rimanenze, come avviene nella determinazione del reddito secondo il principio di competenza.
2017, l’anno zero – In realtà, per l’anno 2017, il “bilancio fiscale” dell’impresa minore riporterà ancora un “valore di rimanenze”, rilevante ai fini reddituali: trattasi delle rimanenze finali dell’anno 2016 che costituiscono parallelamente le rimanenze iniziali del 2017; non comparirà, di contro, a livello reddituale, un valore di rimanenza a fine anno 2017.
Tale elemento reddituale verrà aggiunto ai costi d’esercizio 2017; infatti, per quanto disposto dall’art. 1, co. 18 della Legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017), il reddito del periodo in cui si applicano per la prima volta le nuove disposizioni è ridotto dell’importo delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente secondo il principio della competenza.
Secondo quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 11/E del 13/04/2017, la disposizione de qua si rende applicabile anche nei futuri periodi d’imposta, ogni qualvolta l’impresa transiterà dal regime ordinario fondato sul principio di competenza (per obbligo od opzione) a quello ibrido previsto in via naturale per le imprese minori, declinato dal combinato disposto dagli artt. 66 del Tuir, 18 e 20 del DPR n. 600/1973.
Redditi o perdite “virtuali” – In merito, si è già evidenziato3 come da tale procedimento, che costituisce un assurdo sotto il profilo economico e reddituale, si generanno redditi fiscali del tutto virtuali, peraltro in evidente violazione del principio di capacità contributiva coniato dall’art. 53 della nostra Costituzione.
In molti casi si tratterà di rilevare una perdita di periodo, si ribadisce, meramente virtuale, che potrà essere compensata solo orizzontalmente nel modello dichiarativo della medesima annualità d’imposta, secondo quanto disposto dagli artt. 8 e 66 del Tuir; il residuo non compensato risulterà irrimediabilmente “perduto”, non potendo essere rinviato al futuro (salvo futuri ripensamenti del legislatore).
I “corretti” riferimenti normativi – Al di là dell’irrilevanza ai fini reddituali delle rimanenze di fine anno e delle eventuali perdite di periodo che emergeranno in sede di prima applicazione del meccanismo reddituale ibrido, nei richiamati interventi di inizio anno si è anche sgombrato il campo da ogni dubbio in merito alla “permanenza giuridica” dell’obbligo di redigere l’inventario di fine anno; infatti, per quanto disposto dall’art. 9, co. 1, lett. b) del D.L. n. 69/1989, l’impresa in contabilità semplificata, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi dovrà ancora annotare (nei registri tenuti ai fini dell’IVA o in apposito prospetto di dettaglio) il valore delle rimanenze in giacenza a fine esercizio, indicando distintamente:
Un obbligo giuridico, si ribadisce, che resiste anche a seguito dell’approvazione della Legge di bilancio 2017 e che implica la necessità di redigere un inventario di fine anno con i criteri previsti nel Tuir; peraltro, l’obbligo de quo sussiste anche ai fini civilistici, ai sensi dell’art. 2214 c.c., qualora si tratti di soggetti non qualificabili come “piccoli imprenditori”.
Gli indicatori sintetici di affidabilità fiscale – Se ancora da qualche parte si fossero nutriti dubbi sulla persistenza dell’obbligo di rilevare le rimanenze a fine anno, sono arrivati i primi modelli di Isa approvati dall’Amministrazione finanziaria, consultabili sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
Analizzando le voci rilevanti ai fini della determinazione dei valori di affidabilità, si scoprirà come rientrino nel calcolo di sistema, ad esempio, il costo del venduto e il valore delle giacenze iniziali e finali.
Ma ciò è ovvio, visto che tali indicatori dovrebbero fornire un’idea sulla affidabilità fiscale, appunto, dell’impresa… come è possibile determinare un valore così importante prescindendo dalla dinamica evolutiva delle rimanenze di magazzino?
Conclusioni – In buona sostanza, vuoi per obbligo civilistico, vuoi per ragioni fiscali, le rimanenze di fine anno continueranno ad essere rilevate anche dalle “imprese minori”.
Tali valori non rileveranno ai fini reddituali, questo è certo, ma lo saranno per le altre finalità evidenziate.
In conclusione, se l’intervento legislativo aveva l’obiettivo di introdurre una semplificazione per tale categoria di contribuenti, l’obiettivo non può dirsi raggiunto in relazione al tema delle rimanenze.
Non solo: rimangono inalterate le evidenziate criticità in merito alla inevitabile determinazione, nel primo anno di applicazione del nuovo regime fiscale, di un reddito o di una perdita (a compensabilità limitata) puramente “virtuali”.
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1Quotidiano Fiscal Focus.it del 13 febbraio 2017 “Regime semplificato: è ancora obbligatorio l’inventario di fine anno” dello stesso autore.
2Ditte individuali e società di persone che che hanno conseguito nell’anno precedente ricavi non superiori a 400.000 euro (per le imprese che effettuano prestazioni di servizio), ovvero non superiori a 700.000 euro (negli altri casi)
3Quotidiano Fiscal Focus.it del 26 gennaio 2017 “Nuovo regime di cassa: più ardui i controlli sui soggetti semplificati” dello stesso autore.
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