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Riforme in vista per il Terzo settore

14 Luglio 2014silvanaNews

Aria di novità per il Non-Profit: il Governo ha infatti approvato un disegno di legge delega per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale.

Il fine è quello di dare maggiore slancio alla libera iniziativa dei cittadini, valorizzando ancora di più il potenziale di crescita e di occupazione del settore; il mezzo è quello della delega al Governo per l’adozione, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge di delega, di uno o più decreti legislativi per il riordino e la revisione organica della disciplina degli enti privati del Terzo settore.

La volontà è infatti quella di favorire l’attività associativa, individuando, appunto, le finalità non lucrative e le attività solidaristiche e di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore, ma anche provvedendo a disciplinare la costituzione, le forme organizzative e di amministrazione e le funzioni degli enti privati che, con finalità ideale e senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d’interesse generale.

Novità importanti dovrebbero inoltre essere introdotte al fine di riorganizzare e semplificare il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica, nonché perdefinire criteri e vincoli di strumentalità dell’attività d’impresa rispetto alla realizzazione degli scopi istituzionali, introducendo un regime di contabilità separata finalizzato a distinguere la gestione istituzionale da quella imprenditoriale.

È inoltre prevista la necessità di:
– individuare specifiche modalità di verifica e controllo dell’attività svolta;
– disciplinare le modalità e i criteri dell’attività volontaria degli aderenti, nonché i limiti e gli obblighi di pubblicità relativi agli emolumenti e ai compensi;
– riorganizzare il sistema di registrazione degli enti attraverso la previsione di un registro unico del Terzo settore.

Con specifico riferimento alle attività di volontariato e di promozione sociale, la volontà è inoltre quella di armonizzare le diverse discipline vigenti in materia, promuovendoil volontariato tra i giovani e rivedendo il sistema dei Centri di servizio per il volontariato.

Le imprese sociali
– Così come stabilito dall’art. 1 del Decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni private, compresi gli enti di cui al libro V del codice civile, che esercitano in via stabile e principale un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale.

Al fine di poter essere qualificati come “impresa sociale” non è tuttavia sufficiente svolgere un’attività economica volta allo scambio di beni o servizi di utilità sociale (così come individuati nel successivo articolo 2), in quanto la diposizione in oggetto richiede, oltre ad una specifica struttura proprietaria, anche che l’organizzazione destini gli utili e gli avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio, vietando in tal modo la distribuzione anche in forma indiretta, di utili e avanzi di gestione, comunque denominati, nonché fondi e riserve in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori.
Quest’ultima previsione è destinata a subire forti modifiche di qui a breve termine: potrebbe infatti essere prevista la possibilità di introdurre forme di remunerazione del capitale sociale e di ripartizione di utili.
È quindi prevista la revisione dell’attuale disciplina dell’attribuzione della qualifica di impresa sociale.

Altre innovazioni, meno incisive ma comunque rilevanti riguardano:
– l’ampliamento dei settori di attività di utilità sociale e l’individuazione dei limiti di compatibilità con lo svolgimento di attività commerciali diverse da quelle di utilità sociale;
– la razionalizzazione delle categorie di lavoratori svantaggiati tenendo conto delle nuove forme di esclusione sociale;
– la previsione di una specifica disciplina delle modalità di attribuzione della qualifica di impresa sociale alle cooperative sociali e ai loro consorzi;
– l’introduzione dell’opportunità, per le imprese private con finalità lucrative e per le amministrazioni pubbliche, di assumere cariche sociali negli organi di amministrazione delle imprese sociali (seppur sia previsto comunque il divieto di assumerne la direzione e il controllo).

Le imprese sociali dovrebbero inoltre poter accedere a forme di raccolta di capitali di rischio tramite portali on line, in analogia a quanto previsto per le start-up innovative, nonché a misure fiscali agevolative, volte anche a favorire gli investimenti di capitale.

Le misure agevolative – A seguito della delega al Governo dovrebbero essere introdotte anche norme volte a disciplinare le misure agevolative e di sostegno economico in favore degli enti del Terzo settore.

È infatti previsto che, con apposito decreto legislativo si provveda a:
– razionalizzare e semplificare il regime di deducibilità e detraibilità dal reddito delle persone fisiche e giuridiche delle erogazioni liberali, in denaro e in natura, disposte in favore degli enti del Terzo settore;
– rivedere e stabilizzare l’istituto della destinazione del 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche in base alle scelte espresse dai contribuenti in favore degli enti del Terzo settore. È inoltre prevista l’introduzione di obblighi di pubblicità delle risorse ad essi destinati;
– promuovere l’assegnazione degli immobili pubblici inutilizzati, nonché dei beni immobili e mobili confiscati alla criminalità organizzata, anche al fine di valorizzare in modo adeguato i beni culturali e ambientali.

Autore: Redazione Fiscal Focus

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Tag: riforme, terzo settore
Dott.ssa Silvana Bruce

Dott.ssa Silvana Bruce

Titolare delle studio B&G Italia S.r.l. & Partners Collaboratrice diretta dell’Ambasciata Argentina – Dipartimento Sviluppo Economico

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