È quanto emerge dalla sentenza 15 ottobre 2014 n. 21770 della Corte di Cassazione – Terza Sezione Penale.
Il caso. Gli Ermellini hanno rigettato il ricorso proposto da due contribuenti, in una controversia concernente gli avvisi di liquidazione con cui venivano richieste le maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale in relazione a un atto di costituzione di società con conferimento di azienda riqualificato come compravendita d’azienda, ai sensi dell’articolo 20 del D.P.R. n. 131/86.
La pretesa fiscale è stata inizialmente delegittimata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Rimini, mentre la Commissione Regionale dell’Emilia-Romagna ha accolto l’appello dell’Ufficio finanziario, ritenendo l’esistenza del disegno elusivo escluso dal giudice di prime cure. Di qui il ricorso per cassazione, che si è chiuso in senso favorevole all’Erario.
I principi. Nelle motivazioni della sentenza pubblicata ieri si legge, in particolare, che la disposizione antielusiva di cui all’articolo 20 del D.P.R. 131/86 (secondo cui l’imposta di registro “è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”) vincola l’interprete a privilegiare, nell’individuazione della struttura del rapporto giuridico tributario, la sostanza sulla forma, cioè il dato giuridico reale conseguente alla natura intrinseca degli atti e ai loro effetti giuridici, rispetto a ciò che formalmente è enunciato, anche in maniera frazionata, in uno o più atti.
L’articolo 20 non è solo una norma interpretativa degli atti registrati, ma una disposizione volta a identificare l’elemento strutturale del rapporto giuridico tributario, che “è dato dall’oggetto e che viene fatto coincidere con gli effetti giuridici indicativi della capacità contributiva dei soggetti che li compiono” (cfr. Cass. n. 2713/2002).
Ebbene, ad avviso della Sezione Tributaria del Palazzaccio, la decisione impugnata è conforme, nell’applicazione dell’articolo 20 del D.P.R. n. 131/1986, ai suddetti principi, laddove la CTR emiliana “ha riconosciuto gli effetti giuridici derivanti dal collegamento negoziale tra l’atto di costituzione di società e la successiva vendita a terzi delle quote della società di persone, costituita appena un mese prima dai signori [….] mediante conferimento dell’azienda e degli immobili sopra descritti come quelli propri di una compravendita immobiliare, anche tenendo conto quindi del comportamento delle parti successivo all’atto di costituzione della società stessa”.
Gli ermellini, in conclusione, hanno decretato il rigetto del ricorso proposto dai contribuenti, condannandoli alle spese del giudizio, liquidate in settemila euro, oltre le spese prenotate a debito.
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