È quanto emerge dalla sentenza n. 8208/36/15 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma.
L’acquisto di un immobile (per 220 mila euro) e il conferimento di una somma per la costituzione di due società (euro 3.400), nonché il possesso di un’autovettura immatricolata nel 1973 hanno destato l’attenzione del fisco rispetto a una contribuente romana, che pertanto è divenuta destinataria di un avviso di accertamento che rideterminava sinteticamente il reddito per l’anno d’imposta 2007, ai sensi dell’art. 38, comma 4 e 5, del D.P.R. 600/73.
In sede d’impugnazione del suddetto avviso, la contribuente si è difesa documentando le disponibilità sul proprio conto corrente bancario e, quanto all’autovettura, ha dedotto che si trattava di veicolo non più in circolazione, parcheggiato in cantina e per il quale non pagava il bollo da decenni. Dunque si trattava di un bene che non dava luogo a spese, le quali comunque avrebbero potuto essere sostenute con il denaro giacente in banca e accumulato nel corso degli anni.
Ebbene, la CTP Roma ha accolto il ricorso della contribuente annullando integralmente la pretesa.
Secondo il Collegio capitolino, “parte ricorrente ha documentato che l’incremento patrimoniale (acquisto di immobile) realizzato nell’anno 2008 si è reso possibile con disponibilità finanziarie accumulate in anni precedenti, presenti sul conto corrente già prima del periodo d’imposta accertato”. Identica situazione si è avuta “per le spese di conferimento del capitale per la costituzione di due società e per l’autovettura”.
Secondo la CTP, in ragione della natura meramente presuntiva del “redditometro”, gli elementi di accertamento da esso derivanti devono essere corredati da ulteriori elementi idonei a sostenerne le risultanze, al pari di quanto previsto in materia di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri e degli studi di settore; ma quand’anche si volesse attribuire portata probatoria più ampia al “redditometro”, è pacifico che esso produce presunzioni relative che, quanto mento, consentono al contribuente la presentazione di prova contraria, come accaduto nel caso di specie.
In virtù dell’integrale accoglimento del ricorso della contribuente, la CTP di Roma ha condannato l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di giudizio.
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