Se l’acquisto del bene non è congiunto, il solo reddito da prendere in considerazione, ai fini del superamento della presunzione di cui all’art. 38, comma 4, D.P.R. n. 600/1973, è quello del coniuge acquirente.
È quanto emerge dalla sentenza n. 205/01/15 della Commissione Tributaria Regionale di Catanzaro.
Il contribuente ha appellato la sentenza di prime cure che ha confermato un avviso di accertamento per l’anno 2006. Con tale atto, l’Ufficio aveva accertato sinteticamente un reddito ai fini IRPEF di euro 158.371, in luogo di quello dichiarato di euro 22.899, come conseguenza dell’acquisto, nel 2009, di un terreno per euro 2.400.000.
La CTR di Catanzaro, in sostanza, non ha ritenuto dimostrata la provenienza da risparmi, redditi esenti o redditi soggetti a ritenuta alla fonte delle somme utilizzate nella compravendita come mezzo di pagamento, sebbene il contribuente abbia documentato il possesso, unitamente alla moglie, di redditi pari a euro 3.123.219 tra il 2001 e il 2010, come tali più che sufficienti a giustificare la riserva in denaro utilizzata per l’acquisto.
Sul punto, in sentenza si legge: “Dall’avviso di accertamento impugnato risulta come l’acquisto del terreno sia avvenuto da parte del solo (…): cosicché, in assenza di circostanze singolari – comunque non dedotte -, il solo reddito da tenere in esame ai fini che ci occupano è quello di costui e non anche quello del coniuge”.
Tale rilievo, unitamente ad altri, ha indotto il Collegio giudicante a ritenere non superata la presunzione semplice di cui all’art. 38, comma 4, D.P.R. n. 600/1973, che “legittima l’Ufficio finanziario a determinare il reddito in forma sintetica, sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta, risalendo quindi da un fatto noto (nella fattispecie, l’acquisto del terreno) ad uno ignoto (la sussistenza di un reddito non dichiarato), salva la prova contraria, posta in capo al contribuente, che la relativa provvista sia avvenuta con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile” (cfr. Cass. civ., Sez. 5, n. 3445/2014).
Nonostante il rigetto dell’appello, il contribuente non è stato condannato al pagamento delle spese processuali.
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