Il principio di specialità. Ai sensi dell’articolo 19 citato, “Quando uno stesso fatto è punito da una delle disposizioni del titolo II e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, si applica la disposizione speciale” (comma 1). In pratica, se un determinato fatto è idoneo a configurare la violazione di due disposizioni che prevedono l’applicazione di una sanzione amministrativa e di una sanzione penale, ad essere applicata sarà la sanzione che presenta carattere di specialità rispetto all’altra.
Concreta applicazione. Il dettato normativo pecca di genericità e ciò non consente di stabilire un principio generale in base al quale considerare speciale la disposizione tributaria oppure quella penale. Secondo l’interpretazione fornita dal Ministero delle Finanze nella circolare n. 154/2000, il principio di specialità, di cui è espressione l’articolo 15 del codice penale, implica l’applicabilità della disposizione che, contenendo tutti gli elementi dell’altra, presenti uno o più elementi particolari aggiuntivi, ovvero “specializzanti”. “In concreto, il più delle volte risulterà speciale la norma penale, in considerazione degli elementi specifici da essa richiesti, quali il dolo specifico, il superamento delle soglie di punibilità e le particolari modalità commissive” (cfr. circ. 4 agosto 2000 n. 154).
Si prenda ad esempio il caso dell’omessa dichiarazione: se un contribuente, pur essendovi obbligato, non presenta la dichiarazione dei redditi ed evade la relativa imposta per un ammontare superiore alla soglia di punibilità fissata dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000 (dal 17 settembre 2011 euro 30 mila con riferimento a ciascuna imposta), si dovrebbero astrattamente applicare due disposizioni: quella prevista dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 471 del 1997 e quella di cui all’articolo 5 citato. In applicazione del principio di specialità opererà, in concreto, la sola norma penale, considerato che nella stessa si rinvengono elementi caratterizzanti (dolo specifico, superamento delle soglie di punibilità, ecc.) non richiesti dalla norma che prevede la sanzione amministrativa.
Riscossione delle sanzioni amministrative. La circolare ministeriale di cui si è detto precisa che le sanzioni amministrative relative alle violazioni tributarie fatte oggetto di notizia di reato sono comunque applicate dagli Uffici, anche se la riscossione coattiva resta sospesa fintanto che il procedimento penale non giunga a definizione nei confronti dei soggetti solidamente responsabili di cui all’articolo 11, comma 1, del D.Lgs. n. 472/97, non applicandosi nei confronti degli stessi il principio di specialità, a meno che non siano persone fisiche concorrenti nel reato. Nei casi di cumulo giuridico delle sanzioni amministrative (art. 12 del D.Lgs. n. 472/97), se solo alcune di esse hanno rilevanza penale, la sospensione della riscossione opera parzialmente, ossia per la parte eccedente quella che sarebbe stata applicabile in relazione alle violazioni non penalmente rilevanti. Nel caso in cui il procedimento sia definito con sentenza irrevocabile di condanna, per il principio di specialità, l’attività amministrativa già esperita non produce alcun effetto. Se, invece, il procedimento si conclude con il provvedimento di archiviazione ovvero con sentenza irrevocabile di assoluzione o di proscioglimento con formula che riconosca l’irrilevanza del fatto contestato, si rimette in moto il procedimento per l’applicazione della sanzione amministrativa tributaria. A tal fine, la legge stabilisce che i termini per la riscossione decorrono dalla data in cui i provvedimenti sopra descritti sono comunicati all’ufficio finanziario competente da parte della cancelleria del giudice che li ha emessi (cfr. circ. n. 154/2000).
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