Si consideri, ad esempio, il caso di un’impresa costruttrice che, dopo aver realizzato un immobile di tipo abitativo, deve effettuare la cessione del cespite dopo il decorso di cinque anni dall’ultimazione del lavori.
In tale ipotesi, in base all’interpretazione letterale dell’art. 10, comma 1, n. 8 – bis del D.P.R. n. 633/1972, l’applicazione dell’Iva in regime di imponibilità sembrerebbe essere meramente facoltativa. In buona sostanza, essendo decorsi più di cinque anni dall’ultimazione dei lavori di costruzione l’applicazione dell’Iva dovrebbe essere subordinata all’esercizio facoltativo dell’opzione da esercitarsi in sede di rogito o di preliminare.
In realtà la soluzione non è affatto scontata e richiede di verificare, come detto, la situazione effettiva dei lavori. Ad esempio se l’impresa cedente, prima del trasferimento del fabbricato, intende frazionare l’immobile precedentemente realizzato è necessario comprendere quale effetto produca l’operazione di frazionamento. La verifica deve essere effettuata caso per caso e, al fine di limitare le responsabilità del professionista sarebbe opportuno chiedere ad un tecnico abilitato la redazione di una perizia.
Infatti, è necessario stabilire quale natura abbia l’operazione di frazionamento ed in particolare in quale delle lettere del Testo Unico dell’edilizia è riconducibile.
L’art. 3, comma 1, lett. b del D.P.R. n. 380/2001 definisce interventi di manutenzione straordinaria “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico – sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d’uso”.
Gli interventi di manutenzione straordinaria devono essere segnalati all’Ufficio Tecnico comunale presentando una CILA SCIA o DIA firma asseverata da un tecnico abilitato. Se effettivamente il tipo di intervento in questione, cioè il frazionamento dell’unità immobiliare, è riconducibile nelle opere di manutenzione straordinaria di cui alla citata lett. b, la disciplina fiscale precedentemente individuata è corretta, Pertanto, se sono decorsi più di cinque anni dall’ultimazione del lavori, il trasferimento delle unità immobiliari è naturalmente esente da Iva, salvo il caso in cui l’impresa cedente non eserciti l’opzione per l’applicazione del tributo.
Viceversa, se l’intervento in questione dovesse essere ricondotto nell’ambito delle opere di cui all’art. 3, comma 1, lett. c del citato Testo Unico l’operazione dovrà essere obbligatoriamente soggetta ad Iva. In pratica è come se l’immobile dovesse essere considerato di “nuova costruzione” con la conseguente obbligatorietà dell’applicazione del regime di imponibilità.
Rientrano nell’ambito di cui alla citata lett. c gli “interventi di restauro e di risanamento conservativo, gli interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”.
In concreto non sarà agevole inquadrare preventivamente la tipologia di intervento. E’ necessario essere in possesso di una serie di conoscenze squisitamente tecniche. Per tale ragione, come suggerito, può essere utile richiedere ad un tecnico abilitato la redazione di una perizia.
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