È quanto emerge dall’ordinanza n. 26500/17 pubblicata ieri dalla Corte di cassazione (Sez. VI-5).
In pendenza dei termini per l’esercizio del potere impositivo, la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi permette all’Agenzia delle Entrate di integrare o modificare in aumento l’accertamento già emesso, attraverso la notifica di un nuovo avviso.
Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, il contribuente, medico, ha impugnato proprio un avviso di accertamento integrativo con cui, ai fini dell’Irpef e dell’Irap, l’ufficio ha contestato reddito da lavoro autonomo non dichiarato. Tale atto è stato annullato dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che non ha ravvisato l’esistenza e la conoscenza di nuovi elementi, non potendosi ritenere tali le indagini bancarie non esperite dall’Amministrazione finanziaria durante la prima verifica.
Ebbene, la Suprema Corte ha rilevato la violazione, da parte della C.T.R. capitolina, dell’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600/73, in quanto, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la giurisprudenza di legittimità ha sostenuto che:
In accoglimento del ricorso dell’Agenzia, la Corte ha rinviato la causa alla C.T.R. di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame.
Sul tema si segnala anche la sentenza n. 21237/17 della Sezione Tributaria della Corte di cassazione, secondo cui i documenti extracontabili ritrovati in occasione di una seconda verifica possono costituire un elemento probatorio nuovo e legittimare l’emissione dell’avviso di accertamento integrativo, ex artt. 43 d.P.R. n. 600/73 e 57 d.P.R. 633/72. (Nel caso di specie, il Fisco ha emesso un nuovo avviso in virtù di documenti extracontabili acquisiti dalla GdF nel corso di perquisizioni eseguite presso soggetti coinvolti nell’attività della società verificata. In occasione di dette perquisizioni era stata rinvenuta copiosa documentazione, tra cui corrispondenza, che, a dire dell’ufficio, era idonea a comportare una diversa valutazione delle risultanze contabili in precedenza esaminate. La S.C. ha ritenuto meritevole di censura la decisione della C.T.R. che, in sostanza, ha ritenuto che le prime indagini dell’Amministrazione non fossero state svolte diligentemente; il che aveva reso impossibile l’emissione del secondo avviso di accertamento, posto che l’accertamento integrativo richiede la conoscenza di un elemento “nuovo sopravvenuto”, e quindi deve trattarsi di un elemento probatorio che deve essere non soltanto non conosciuto, ma anche non conoscibile al momento del primo accertamento).
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