È quanto emerge dalla sentenza n. 21606/15 della Corte di Cassazione – Terza Sezione Penale.
Un sessantenne siciliano è stato riconosciuto responsabile dalla Corte d’appello di Roma del reato fiscale previsto dall’art. 10 bis del D.Lgs. n. 74/2000 in relazione al periodo d’imposta 2005.
In base alla suddetta norma è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versi entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.
Dinanzi ai supremi giudici la difesa ha invocato l’assenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato, posto che l’imputato non sapeva dell’omesso versamento delle ritenute per aver assunto la carica quattro giorni prima della chiusura del periodo d’imposta, ossia in data 27/12/2005. Inoltre l’imputato, al momento dell’assunzione della carica, era inconsapevole dell’irreversibile indebitamento della società e della mancanza di liquidità.
Ebbene, gli argomenti della difesa non hanno trovato ingresso nel giudizio di legittimità.
Ad avviso dei giudici del Palazzaccio, infatti, “non conta la circostanza che l’imputato fosse stato nominato amministratore unico della società quattro giorni prima della chiusura del periodo di imposta 2005, atteso che non solo era il sottoscrittore della relativa dichiarazione, ma che il termine per l’adempimento del debito tributario sarebbe scaduto a distanza di nove mesi (precisamente il 30 settembre dell’anno successivo) donde questi avrebbe dovuto e potuto, una volta sottoscritta la dichiarazione nell’anno 2005, comunque provvedere – ove ciò non fosse stato fatto durante il periodo d’imposta 2005 – ai necessari accantonamenti in vista della scadenza tributaria (30/09/2006), non potendo trincerarsi dietro una situazione di illiquidità” evocata, peraltro, solo nel giudizio di legittimità, quindi tardivamente.
In tema di omesso versamento delle ritenute fiscali operate sugli stipendi dei dipendenti, la Suprema Corte ha già chiarito che la situazione di difficoltà finanziaria dell’impresa non esclude la responsabilità per il reato previsto dall’articolo 10 bis del D.Lgs. 74/2000 (cfr. Cass., Sez. 3, sentenza n. 3124/2014 che ha escluso, in una fattispecie analoga a quella in esame, che l’imputato si trovasse in una situazione di “involontarietà” poiché, quando aveva assunto la carica, la società si trovava già in una condizione d’indebitamento irreversibile con gravissima mancanza di liquidità. Di conseguenza, il mancato pagamento si configurava come il risultato di una consapevole decisione dell’agente).
Il ricorrente dovrà ora pagare le spese processuali e mille euro in favore della Cassa delle Ammende.
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