Conferma della responsabilità.
Ebbene, la severa interpretazione del quadro normativo di riferimento offerta dal giudice di merito è stata avvalorata dalla Terza Sezione Penale del Palazzaccio. Nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, afferma la S.C., la prova del dolo è insita nella duplice circostanza del rilascio della certificazione al sostituito e della presentazione della dichiarazione annuale (mod. 770), che riporta le trattenute effettuate. Il debito verso l’Erario, concernente il versamento delle ritenute, è collegato con quello dell’erogazione degli emolumenti ai collaboratori. Ogni qual volta il sostituto d’imposta provvede alle erogazioni, sorge a suo carico l’obbligo di accantonare le somme dovute al Fisco, organizzando le ricorse disponibili in modo da adempiere all’obbligazione tributaria. Ciò non toglie che il giudice del merito possa, con apprezzamento insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ravvisare l’assenza del dolo e l’assoluta impossibilità di adempiere l’obbligazione erariale. Occorre tuttavia che siano stati assolti gli oneri di allegazioni che, per quanto attiene la crisi di liquidità, si risolvono nella dimostrazione della non imputabilità all’imprenditore della crisi economica e che la crisi stessa non ha potuto essere fronteggiata adeguatamente tramite il ricorso a idonee misure da valutarsi in concreto. Occorre cioè dimostrare, puntualizza la S.C., “che non sia stato possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo poste in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili”.wordpress theme by initheme.com