È quanto emerge dalla sentenza n. 323/10/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo.
Il caso. A una società in concordato preventivo è stata irrogata una sanzione di 296 euro (pari al 100% dell’IVA non addebitata sull’imponibile), dopo che l’Ufficio finanziario ha accertato l’omessa trasmissione delle lettere d’intenti ricevute dai clienti esportatori abituali (articolo 8, comma 2, D.P.R. n. 633/72), per l’emissione di fatture in sospensione d’imposta, ai sensi dell’articolo 21, comma 6, del Decreto IVA.
Lo scarto del sistema. Nel caso di specie la società aveva trasmesso le dichiarazioni d’intento in questione, ma il servizio telematico le aveva scartate, sicché le stesse erano risultate omesse.
Sanzione annullata. Ebbene, in conseguenza del ricorso proposto dalla società, la CTP di Bergamo ha annullato l’avviso di irrogazione della predetta sanzione ritenendo – come parte contribuente – che nella specie si sia trattato di una violazione meramente formale, mentre dal controllo sostanziale – così come evidenziato dai verificatori nel PVC – non erano emerse irregolarità.
Nelle motivazioni della breve sentenza in rassegna i giudici bergamaschi ricordano che le violazioni meramente formali sono quelle che non pregiudicano in alcun modo l’esercizio delle azioni di controllo da parte degli Uffici e che non incidono sulla determinazione della base imponibile, sull’imposta e sul versamento del tributo.
Il giudizio sulla natura meramente formale deve essere dato in concreto, sulla base dell’effettiva incidenza dell’illecito sulla determinazione del tributo e sull’attività di controllo.
Fatto questo rilievo, il Collegio entra nel merito della controversia e spiega che la violazione contestata alla società rientra sicuramente tra quelle formali, non punibili ex art. 6, co. 5, del D.Lgs. n. 472/97, “atteso – si legge in sentenza – anche la verbalizzazione dei controlli eseguiti dalla stessa Agenzia in esito alla presentazione delle comunicazioni col sistema ENTRATEL e alla correttezza dei riscontri sostanziali eseguiti che non hanno evidenziato alcun pregiudizio all’esercizio degli stessi e nessuna influenza sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e del versamento del tributo”.
È stato pertanto accolto il ricorso della società, con compensazione delle spese processuali.
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