Il giudice di secondo grado dovrà nuovamente pronunciarsi sul caso del legale rappresentante di una SPA, finito sotto processo per non aver versato l’IVA dovuta in base alle dichiarazioni annuali per l’anno 2006 e 2007 oltre la soglia fissata dall’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000.
La Corte d’appello ha ribaltato il verdetto assolutorio pronunciato dal giudice di primo grado ritenendo sussistente il dolo perché le somme dovute all’Erario non erano state accantonate, ma spese per adeguare gli impianti aziendali alle norme antiinfortunistiche e per il pagamento delle retribuzioni ai dipendenti.
La Terza Sezione Penale della Cassazione ha rilevato un vizio di motivazione che ha inficiato irrimediabilmente il giudizio di responsabilità pronunciato dalla Corte d’appello.
Ai fini dell’integrazione dell’elemento psicologico del reato di cui all’art. 10-ter D.Lgs. n. 74 del 2000, ha spiegato la Suprema Corte, la valutazione del giudice di merito deve investire la peculiarità della condotta omissiva tipizzata (omesso pagamento del debito IVA nei termini previsti dalla legge), condotta omissiva avente natura dolosa; per cui è proprio l’esistenza concreta della possibilità di adempiere il pagamento che costituisce indefettibile presupposto della sussistenza della volontà in capo al soggetto obbligato di non effettuare nei termini il versamento dovuto.
Ebbene, nel caso di specie, a fronte dell’argomentato apprezzamento del giudice di primo grado in ordine all’assenza di dolo e all’impossibilità di adempiere, unita alla valutazione dell’estraneità della crisi aziendale alle modalità gestorie dell’amministratore – in quanto la crisi di liquidità è stata determinata dalla perdita della principale impresa committente – la sentenza della Corte di appello impugnata si è limitata, con poche righe, a rovesciare il giudizio assolutorio affermando la vincolatività e la rilevanza dell’obbligo di accantonamento delle somme, senza peraltro chiarire le ragioni in forza delle quali si potesse ritenere, dato il quadro probatorio contenuto nel processo, che tali accantonamenti fossero stati adempimenti possibili ed esigibili.
In sentenza poi si legge: “nel giudizio d’appello, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito al processo, la riforma della sentenza assolutoria di primo grado, una volta compiuto il confronto puntuale con la motivazione della decisione di assoluzione, impone al giudice di argomentare circa la configurabilità del diverso apprezzamento come l’unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o inadeguatezze probatorie che abbiano minato la permanente sostenibilità del primo giudizio. Nei casi suddetti, la decisione di appello dovrebbe essere dotata di un’argomentazione motivazionale con particolare forza persuasiva e di un quadro di valutazione più ampio, idonei ad evidenziare gli errori e le manchevolezze del giudice di prime cure, mentre nel caso di specie è avvenuto il contrario”.
Alla luce del rilevato vizio di motivazione, gli ermellini hanno annullato la sentenza di condanna, con rinvio al giudice di secondo grado per nuovo giudizio.
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