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Omessa iva. Lo Stato deve restituire i beni confiscati

22 Febbraio 2018silvanaNews

Cassazione Penale, sentenza depositata il 21 febbraio 2018

GIUSTIZIA SENTENZA
L’imprenditore che ha ottenuto la revoca della sentenza condanna, sul presupposto che il mancato versamento dell’IVA per un importo inferiore a 250.000 euro non è più previsto dalla legge come reato, ha sempre diritto alla restituzione dei beni confiscati.

È quanto emerge dalla sentenza n. 8421/18 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione la quale fa chiarezza sugli effetti del Decreto legislativo n. 158/15, articolo 8, che ha sostituito l’articolo 10-ter del D.lgs. n. 74/00, generando un’abrogazione parziale del reato rispetto alle fattispecie di omesso versamento non superiore alla nuova soglia di punibilità (250.000 euro per ciascun periodo d’imposta).

Ricorre per cassazione un imprenditore che è stato riconosciuto responsabile del reato di cui all’articolo 10-ter, D.lgs. n. 74 del 2000, non avendo versato l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro 50.000 per più periodi d’imposta.

In virtù del D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 8, che ha elevato da 50.000 a 250.000 euro la soglia prevista dall’art. 10-ter cit., l’uomo ha ottenuto dal Tribunale di Brindisi, ai sensi degli artt. 673, comma 1, c.p.p. e 2 c.p., la revoca della sentenza penale di condanna per “abolitio criminis” (non essendo più il fatto originariamente contestato previsto dalla legge come reato).

In base all’art. 2, comma 2. Cod. pen. “Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”, mentre l’art. 673, comma 1, Cod. proc. pen. stabilisce che “Nel caso di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice, il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza di condanna o il decreto penale dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti”.

Ebbene, nel caso concreto, il Tribunale di Brindisi, pur avendo accolto la domanda di revoca della sentenza di condanna, non ha disposto la restituzione dei beni confiscati all’avente diritto (denaro e un’autovettura), con la motivazione che la confisca era già stata “eseguita” e vi era stata acquisizione dei beni al patrimonio dello Stato.

Ora la Suprema Corte ha fornito questa importante chiarimento:

  • la confisca, diretta o per equivalente, non può essere mantenuta rispetto a reati per cui è intervenuta l’“abolitio criminis” – nella specie il delitto ex art. 10 D.lgs. n. 74/00 sotto la soglia di punibilità indicata con il successivo D.lgs. n. 158/15.

I Massimi giudici spiegano che il tema dell’esecuzione della confisca «potrebbe aver un qualche rilievo rispetto alla revoca della condanna a seguito della dichiarazione di incostituzionalità della norma, è invece irrilevante allorquando l’abrogazione dipenda da una norma sopravvenuta: l’esecuzione della confisca non costituisce elemento ostativo, né a livello concettuale, né a livello operativo, potendosi sempre disporre la restituzione dei beni illegittimamente acquisiti, e cioè di quanto concretamente realizzato dall’esecuzione, siccome lo Stato non può trattenere i beni senza titolo che è venuto meno a seguito della norma abrogatrice».

Pertanto, con la sentenza n. 8421/18, la Suprema Corte ha annullato senza rinvio il provvedimento impugnato e ordinato la restituzione all’avente diritto di quanto confiscato.

Autore: PAOLA MAURO. Redazione Fiscal Focus. Direttore Antonio Gigliotti.

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Dott.ssa Silvana Bruce

Dott.ssa Silvana Bruce

Titolare delle studio B&G Italia S.r.l. & Partners Collaboratrice diretta dell’Ambasciata Argentina – Dipartimento Sviluppo Economico

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