L’Agenzia aveva rettificato le dichiarazioni IVA, IRPEF e IRAP di un bar/caffè, liquidando maggiori imposte con interessi e sanzioni. La CTP di Milano, adita dal contribuente, ha annullato la ripresa. Tale verdetto è stato confermato dalla CTR in base alla considerazione che, trattandosi di accertamento induttivo, nella specie difettava il presupposto dell’inattendibilità della contabilità. Infatti quest’ultima era stata tenuta regolarmente, fatta eccezione per l’abrasione contenuta nel registro dei corrispettivi, che avendo una portata molto modesta, non consentiva di considerare inattendibile la scrittura. Peraltro, ad avviso della CTR, più che di una “abrasione” si trattava di una correzione operata scrivendo sull’originario errato importo un diverso importo corretto.
Il criterio della leggibilità. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio, lamentando, fra l’altro, la violazione di legge in relazione agli articoli 2219 c.p.c. e 22 D.P.R. 633/72 posto che, se è necessaria qualche cancellatura nelle scritture contabili, questa deve avvenire in modo che la parole cancellate siano leggibili.
Il giudice di merito ha invece sostenuto che sono regolarmente tenute le scritture contabili ove su un originario importo sia scritto un diverso importo corretto – senza bisogno che si accerti giudizialmente la leggibilità degli importi cancellati – o che comunque l’inattendibilità è da escludere laddove il testo cancellato sia meramente intuibile.
Ebbene, la Suprema Corte ha dichiarato fondato il motivo.
L’articolo 2219 c.c., cui rimanda per la tenuta delle “scritture contabili di cui ai precedenti articoli” l’articolo 22, comma 1, D.P.R. 600/73, stabilisce che “tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un’ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni e, se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili“.
L’errore della CTR. La chiarezza del dettato normativo, secondo gli Ermellini, evidenzia l’errore in cui è incorsa la CTR nel ritenere che le irregolarità riscontrate nella tenuta delle scritture contabili del contribuente fossero tutto sommato di natura veniale, atteso che si trattava di “correzione operata scrivendo sull’originario errato importo un diverso importo corretto” avente “una portata molto modesta”. Così ragionando, però, il giudice dell’appello ha sostituito il proprio personale sentire al tassativo dettato di legge, ritenendo che il criterio della leggibilità, invocato dall’Ufficio, possa essere liberamente derogato e che le scritture contabili siano perciò regolari, anche quando, in caso di sovrascrittura, l’importo sottoscritto non sia leggibile oppure la manipolazione effettuata sia modesta.
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