È quanto emerge dalla sentenza n. 38118/14, pubblicata il 17 settembre dalla Quarta Sezione Penale della Cassazione.
Il Tribunale di Messina dovrà esprimersi, per la seconda volta come giudice del rinvio, sul sequestro per equivalente, fino alla concorrenza di un milione e ottocentomila euro, di denaro e beni ritenuti nella disponibilità di un legale rappresentante di società, in relazione al contestato reato di omesso versamento dell’IVA, ex art. 10 ter D.Lgs. n. 74/2000.
In particolare, il Tribunale dovrà approfondire il tema dei rapporti intercorrenti tra il ricorrente e alcune società che, seppure rimaste estranee al procedimento penale, hanno subito il sequestro dei propri conti, in ragione della delega a operare sugli stessi da parte dell’indagato.
Secondo i giudici della Quarta Sezione Penale, il giudice del rinvio, con motivazione particolarmente sintetica, che è sembrata solo una rielaborazione di concetti già espressi dallo stesso Tribunale con la prima ordinanza annullata, ha ritenuto di desumere la disponibilità, da parte dell’indagato, dei conti riconducibili alle società raggiunte dal sequestro solo dalla qualità di costui di legale rappresentante delle stesse, in questo modo avendo omesso di considerare quanto in proposito ha osservato il giudice di legittimità.
Con la sentenza di annullamento, invero, era stato evidenziato che tale disponibilità non avrebbe potuto solo desumersi dalla mera rappresentanza legale delle società; affermazione con la quale, a parere della Corte, il Tribunale non si è in alcun modo rapportato, essendosi limitato a ribadire, genericamente, a giustificazione della decisione adottata, che legittimo doveva ritenersi il sequestro dei conti correnti intestati all’uomo e di quelli sui quali egli era delegato a operare, in quanto rientranti nella sfera della sua piena disponibilità.
Come giustamente evidenziato dal ricorrente, il Tribunale, in sede di giudizio di rinvio, avrebbe dovuto verificare l’esistenza di qualsiasi elemento idoneo a suffragare la tesi della natura fittizia delle società colpite dal provvedimento cautelare, quindi di attestare la legittimità del provvedimento stesso. Il Tribunale, in sostanza, avrebbe dovuto specificare da quali concreti elementi è stata desunta l’esistenza di un’interposizione fittizia di persone (tra il ricorrente e le società aggredite).
wordpress theme by initheme.com