La qualificazione – In passato, la giurisprudenza di legittimità, per la qualificazione del versamento soci (a titolo di capitale di rischio o di debito) attribuiva esclusiva rilevanza alla volontà espressa dai soci e dall’organo amministrativo che traeva dalla terminologia riportata nel verbale di assemblea (Cass. 3 dicembre 1980, n. 6315), nonché dalla rappresentazione contabile operata nel bilancio di esercizio approvato dai soci (Cass. 14 dicembre 1998, n. 12539).
Giurisprudenza – In seguito, sempre la giurisprudenza, muovendo anche dalla considerazione che, come visto, la volontà dei soci, circa il versamento effettuato, era volutamente espressa nelle delibere delle assemblee in modo generico e che le apposizioni contabili di bilancio rappresentano semplici dichiarazioni di scienza e non atti negoziali (Trib. Roma, 21 maggio 2001), ha ritenuto di non potersi limitare ad acquisire la volontà delle parti così come riportata nel verbale e nel bilancio di esercizio, ma di dover accertare, di volta in volta, la reale volontà delle parti per qualificare il tipo di rapporto attuato (Cass. 19.3.2006, n. 2314; Cass. 14.12.1998, n. 12539; Cass. 6.7.2001, n. 9209). Ragion per cui la qualificazione dei versamenti effettuati dai soci andava ricercata in seno a circostanze fattuali e più concrete, ad esempio, nel comportamento dei soci assunto dopo l’approvazione del bilancio, ovvero, a fattori contingenti alla vita della società, quali la sua sottocapitalizzazione all’atto dei versamenti o la sua inaffidabilità creditizia.
Cassazione – In merito la Corte di Cassazione (sentenza 6 luglio 2001, n. 9209 e in tal senso sentenza 19 marzo 1996, n. 2314) ha stabilito che: “è questione d’interpretazione della volontà negoziale delle parti stabilire se l’indicato versamento tragga origine da un rapporto di mutuo o se invece sia stato effettuato a titolo di apporto del socio al patrimonio di rischio dell’impresa collettiva; nel qual caso il diritto alla restituzione, prima ed al di fuori del procedimento di liquidazione della società, sussiste solo qualora il conferimento sia stato risolutivamente condizionato alla mancata successiva deliberazione assembleare di aumento del capitale nominale della società e tale deliberazione non sia intervenuta entro il termine stabilito dalle parti o fissato dal giudice”.
Gli elementi da considerare – Possiamo quindi sostenere che il criterio utile alla qualificazione dei versamenti dei soci nella finalità sostanziale che persegue l’operazione sta nel considerare le dichiarazioni rese dai soci in sede assembleare, il commento riportato nella nota integrativa al bilancio di esercizio e, se esistente, quanto previsto nell’atto parasociale. Per riassumere, al fine di qualificare un versamento effettuato dai soci, se atipico di rischio o se di finanziamento, occorre accertare l’effettiva volontà delle parti che hanno posto in essere l’operazione e nel caso in cui la manifestazione di volontà mancasse, o fosse poco chiara, essa deve ricercarsi nell’allocazione in bilancio delle voci interessate e nella terminologia di corredo nella nota integrativa (per la ragione che il bilancio è oggetto di approvazione da parte dei soci, e quindi può considerarsi espressione indiretta della loro volontà); nelle delibere assembleari e nelle relative dichiarazioni rese dai soci intervenuti; negli eventuali patti parasociali.
http://www.fiscal-focus.info/fisco/la-qualificazione-giuridica-del-versamento-soci,3,26946
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