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La mancata risposta al questionario limita la difesa

15 Maggio 2014silvanaNews

Cassazione Tributaria, sentenza depositata il 14 maggio 2014

La documentazione non inviata per risposta al questionario non può trovare ingresso nel contenzioso col Fisco neanche in virtù dell’articolo 58 del D.Lgs. n. 546 del 1992 che fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti in grado d’appello.

È quanto afferma la Suprema Corte con la sentenza 14 maggio 2014 n. 10489, che ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate rinviando alla CTR Lombardia per nuovo esame.

Il caso. Una società ha prodotto solamente nel giudizio di secondo grado la documentazione non trasmessa in risposta agli inviti dell’Agenzia delle Entrate. Tale documentazione, allegata allo scopo di giustificare i costi e le spese finiti sotto la lente d’ingrandimento del Fisco, è stata ammessa dalla CTR meneghina, che l’ha poi posta a fondamento della decisione gravata.

Il principio di diritto. Accogliendo il ricorso prodotto dalla difesa erariale, la Sezione Tributaria del Palazzaccio chiarisce ancora una volta che, in tema di accertamento fiscale, l’invio del questionario da parte dell’Amministrazione Finanziaria, previsto dall’articolo 32, quarto comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per fornire dati, notizie e chiarimenti, assolve la funzione di assicurare – in rispondenza ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria – un dialogo preventivo tra Fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni, così da evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario. L’omessa o intempestiva risposta è pertanto legittimamente sanzionata con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa.

Ai fini della preclusione, fra l’altro, è necessario che l’Amministrazione, con l’invio del questionario, fissi un termine minimo per l’adempimento degli inviti o delle richieste, avvertendo delle conseguenze pregiudizievoli che derivano dall’inottemperanza alle stesse, senza che, in caso di mancato rispetto della suddetta sequenza procedimentale (la prova della cui compiuta realizzazione incombe sull’Ufficio), “sia invocabile la sanzione dell’inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente solo con l’introduzione del processo tributario, trattandosi di obblighi di informativa espressione del medesimo principio di lealtà, il quale deve connotare – come si evince dagli artt. 6 e 10 dello Statuto del contribuente – l’azione dell’ufficio” (Cass. da ultimo, n. 22126 del 2013).

Le conclusioni della S.C. Ebbene, ad avviso degli Ermellini, la CTR della Lombardia, ritenendo utilizzabile la documentazione richiesta dall’Ufficio ma non fornita dalla società in sede precontenziosa (e da quest’ultima fornita solo in grado d’appello), ha fatto malgoverno del principio sopra richiamato.

Infatti, l’articolo 58 comma 2 del D.Lgs. n. 546/1992 – norma in base alla quale è in genere consentita la produzione di documenti in grado d’appello – non poteva essere applicato alla fattispecie, in ragione della specifica disposizione dell’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973. Da qui la decisione di accogliere il ricorso dell’Ufficio, con rinvio alla CTR di Milano per nuovo esame.

Autore: Redazione Fiscal Focus

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Dott.ssa Silvana Bruce

Dott.ssa Silvana Bruce

Titolare delle studio B&G Italia S.r.l. & Partners Collaboratrice diretta dell’Ambasciata Argentina – Dipartimento Sviluppo Economico

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