L’esercizio della potestà impositiva italiana sul “patrimonio” detenuto all’estero da parte delle persone fiscalmente residenti in Italia va verificato in relazione alle Convenzioni contro le doppie imposizioni. Generalmente le Convenzioni stipulate dall’Italia con i Paesi esteri seguono il modello OCSE 2010.
Il modello richiamato prevede, all’articolo 22, che “il bene immobile […] posseduto da un residente di uno Stato contraente e situato nell’altro Stato contraente, è imponibile in detto altro Stato” mentre “ogni altro elemento del patrimonio di un residente di uno Stato contraente è imponibile soltanto in detto Stato”.
Le disposizioni del Modello OCSE prevedono quindi che:
In sostanza, le disposizioni Convenzionali (ove siano conformi al Modello OCSE 2010) confermano la legittimità della tassazione del patrimonio estero detenuto dalle persone fiscalmente residenti in Italia.
Nel caso degli immobili situati all’estero, per evitare situazioni di doppia imposizione, il legislatore (art. 19, co. 16, D.L. 201/2011) ha previsto che dall’imposta (IVIE) si “deduce fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l’’immobile”.
Questa disposizione può apparire eccessiva visto che nel caso di doppia imposizione, generalmente, la concessione del credito per le imposte estere è già prevista dalle convenzioni contro le doppie imposizioni.
Tuttavia, un’attenta analisi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia evidenzia che solo in alcune di queste è prevista la concessione di un credito per le imposte patrimoniali pagate all’estero, mentre nella stragrande maggioranza dei Trattati internazionali è previsto esclusivamente un credito d’imposta per evitare la doppia imposizione sul reddito.
Nel caso delle attività finanziarie detenute all’estero, le norme convenzionali concedono la tassazione esclusivamente allo Stato in cui il soggetto è residente. Di conseguenza, qualora si dovessero pagare delle imposte su dette attività nel paese estero in cui sono detenute, non sarebbe possibile usufruire del credito d’imposta, in quanto lo stesso non viene concesso se l’elemento di patrimonio non è tassabile nello Stato estero.
Tale dato è stato confermato dall’Amministrazione Finanziaria nella C.M. 28/E/2012, laddove viene precisato che “qualora con il Paese nel quale è detenuta l’attività finanziaria sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni riguardante anche le imposte di natura patrimoniale che preveda, per tale attività, l’imposizione esclusiva nel Paese di residenza del possessore, non spetta alcun credito d’imposta per le imposte patrimoniali eventualmente pagate all’estero”.
In tali casi, come strada alternativa per evitare la doppia imposizione, può essere chiesto il rimborso all’Amministrazione fiscale del Paese in cui le suddette imposte sono state applicate nonostante le disposizioni convenzionali.
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