L’origine della misura è l’attivazione della clausola di salvaguardia inserita nella Legge di Stabilità 2014 (L. 147/2013).
Nell’ottica di recuperare gettito fiscale, il legislatore ha ritoccato ben due volte le aliquote IVA negli ultimi anni, limitandosi ad aumentare esclusivamente l’aliquota IVA ordinaria. Si ricorda infatti che prima nel 2011 (D.L. 138/2011, conv. con mod. L. 148/2011) e successivamente nel 2013 (art. 11, co. 1, D.L. n. 76/2013) si era previsto rispettivamente l’innalzamento dell’aliquota IVA ordinaria dal 20% al 21% e dal 21% al 22%.
Nei suddetti interventi l’incremento dell’aliquota Iva non ha riguardato le aliquote agevolate del 4% e del 10%, evitando in tal modo l’effetto negativo su una serie di beni e servizi di particolare utilità sociale. Sono rimasti esclusi dall’aumento di tassazione i prodotti alimentari, i medicinali, le forniture di energia elettrica per uso domestico o industriale, le cessioni di case di abitazione non di lusso, le somministrazioni di alimenti e bevande, le prestazioni alberghiere, casi in cui trovano applicazione le aliquote agevolate del 4% e del 10%.
Nella proposta di legge varata dal Consiglio dei Ministri dello scorso 15 ottobre, si prevede che l’ulteriore aumento sia dell’aliquota IVA ordinaria che dell’aliquota Iva agevolata del 10%. L’obiettivo della misura è quello di fonte di copertura dei 18 mld di tagli alle tasse.
L’aumento dovrebbe essere graduale, ovvero spalmato su tre anni per l’aliquota ordinaria partendo dal 1° gennaio 2016 e su due anni per l’aliquota IVA agevolata del 10%.
Oltre a prevedere ritocchi al rialzo delle aliquote IVA, sono previste incrementi anche per le aliquote delle accise della benzina e del gasolio.
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