Il caso. L’Agenzia delle Entrate notificava a un contribuente umbro – esercente il commercio all’ingrosso e al dettaglio di bevande – due avvisi di accertamento volti al recupero dell’IVA indebitamente detrattata, atteso che le fatture d’acquisto non erano state annotate nell’apposito registro, bensì su fogli mobili uso bollo.
Avverso i predetti avvisi, è stato proposto ricorso dinanzi alla CTP di Terni la quale ha accolto l’impugnazione con sentenza confermata dalla CTR di Perugia. Infatti, secondo quest’ultima, il contribuente non aveva omesso del tutto la registrazione delle fatture in contestazione, avendole comunque annottate su fogli a uso bollo, e dovendosi altresì considerare la soppressione dell’obbligo di bollatura e vidimazione dei registri contabili operata dall’art. 8 della Legge 383/2001.
Ebbene, il verdetto del giudice dell’appello è stato messo in discussione dall’Ufficio finanziario, che nel giudizio di legittimità ha avuto la meglio sul contribuente.
Osservazioni della S.C. I supremi giudici hanno affermato che il diritto del cessionario di beni alla detrazione di cui all’articolo 19 del D.P.R. n. 633/1972 trova titolo nell’esatto adempimento degli obblighi di fatturazione e di registrazione di cui agli articoli 21, 23, 24 e 25 del citato D.P.R. – secondo i quali il cedente deve emettere la fattura per l’operazione imponibile, annotarla nel registro delle fatture e trasmetterne copia, con addebito del tributo, al cessionario, il quale deve a sua volta annotarla nel registro degli acquisti. Ne discende che la detraibilità dell’imposta pagata per l’acquisizione di beni o servizi inerenti all’esercizio dell’impresa, “postula che il contribuente sia in possesso delle relative fatture, le annoti nell’apposito registro (art. 25), e conservi le une e l’altro”.
All’omessa tenuta di detto registro non può sopperirsi mediante l’annotazione in altri registri – o su fogli mobili uso bollo, come nella specie – trattandosi di un obbligo sostanziale presidiato da sanzione che, in quanto volto a consentire un immediato e agevole riscontro della natura e dei tempi delle registrazioni, non può essere adempiuto con modalità diverse, soggettivamente ritenute equivalente dal contribuente.
Nel caso concreto, il commercialista del contribuente ha esibito ai verificatori esclusivamente una documentazione extracontabile costituita “da fogli di protocollo non bollati e scritturati manualmente” sui quali erano annotati gli importi delle fatture attive e passive, nonché le dichiarazioni mensili dell’IVA. Da ciò la Suprema Corte ha dedotto la totale mancanza della documentazione contabile prevista dalla normativa in materia di IVA “e, segnatamente, del registro nel quale le fatture doganali relative agli acquisti ed alle importazioni effettuate nell’esercizio dell’impresa – e che devono essere numerate in ordine progressivo – vanno annotate prima della liquidazione periodica, ovvero della dichiarazione annuale nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta”.
Alla luce di tale considerazione, i giudici del Palazzaccio hanno censurato la decisione della CTR di Perugia la quale, nonostante il mancato rispetto degli obblighi sostanziali, ha riconosciuto il diritto del contribuente a detrarre l’imposta, limitandosi a rilevare l’avvenuta abrogazione degli obblighi di bollatura e di vidimazione dei registri, compresi quelli tenuti a fini IVA. È stato pertanto accolto il ricorso dell’Ufficio finanziario con decisione della causa nel merito. Al contribuente non resta che pagare le spese, liquidate dagli ermellini in oltre settemila euro.
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