Torna puntuale, con l’avvicinarsi dei termini previsti per la liquidazione dell’Irap, il dubbio che da anni moltissimi professionisti e piccoli imprenditori si pongono: quando è dovuta l’Irap? Quando possiamo parlare di autonoma organizzazione?
La delega fiscale sembrava aver accolto le richieste avanzate da moltissime parti, richiedendo una specifica definizione di autonoma organizzazione, anche al fine di porre un freno all’enorme mole di contenzioso in essere, purtroppo a oggi ancora non si sono visti i risultati.
Il motivo può essere rinvenuto principalmente nel fatto che il compito non è affatto semplice.
La nuova definizione di autonoma organizzazione richiesta al Governo dovrà infatti essere adeguata ai più consolidati principi desumibili dalla fonte giurisprudenziale.
Richiesta questa estremamente coerente, ma che non ha il pregio di aver fornito all’Esecutivo una facile soluzione.
Come sappiamo bene, infatti, il numero di sentenze emesse negli ultimi anni è di tutto rispetto e non è semplice districarsi tra le diverse soluzioni proposte.
Ripercorriamo alcune delle principali sentenze che negli tempi hanno visto la luce con riferimento al tema dell’autonoma organizzazione ai fini Irap, sebbene sia necessario anticipare come da tale rassegna non sarà possibile trarne alcun orientamento unitario.
L’utilizzo di dipendenti
Uno dei punti più discussi riguarda la sussistenza dell’autonoma organizzazione prevista ai fini Irap nel caso di utilizzo di personale dipendente.
A tal proposito merita di essere sottolineato come possano essere individuati due principali orientamenti giurisprudenziali.
Un primo orientamento, più risalente nel tempo, individua nell’esistenza di rapporti di lavoro dipendente sempre il concetto di autonoma organizzazione, indipendentemente dalle ore lavorate e dalle mansioni esercitate.
Un secondo orientamento più recente (si vedano, a tal proposito, le sentenza n.22020/2013 e 22022/2013) ha invece chiarito che l’utilizzo di personale dipendente non può, da solo, configurare l’esistenza di un’autonoma organizzazione ai fini Irap.
I filoni giurisprudenziali appena richiamati attualmente convivono, comportando anche prese di posizione abbastanza discutibili.
A tal proposito meritano di essere richiamate due interessanti pronunce della Corte di Cassazione: la sentenza n.9790 del 7 maggio e l’ordinanza 10173 del 9 maggio.
Sebbene intercorra un lasso di tempo appena pari a due giorni, le stesse evidenziano opinioni nettamente contrastanti.
La sentenza n.9790 del 7 maggio infatti chiarisce che l’impiego non occasionale di lavoro altrui fa sempre scattare i presupposti per l’individuazione di un’autonoma organizzazione, indipendentemente da quelli che sono i beni strumentali impiegati (Quotidiano Fiscal Focus dell’8 maggio 2014 – “Professionisti. IRAP dovuta se il collaboratore non è occasionale”).
Al contrario, l’ordinanza n.10173, aderendo all’opposta tesi, ha stabilito che la disponibilità di un dipendente non necessariamente accresce la capacità produttiva del professionista, in quanto può anche costituire una mera comodità per il professionista medesimo e per i suoi clienti (Quotidiano Fiscal Focus del 12 maggio 2014 – “Commercialisti. Una vasta clientela non giustifica l’IRAP”).
Beni strumentali
Anche con riferimento alla disponibilità dei beni strumentali, a oggi non è possibile fissare un limite specifico oltre il quale debba necessariamente configurarsi un’autonoma organizzazione.
A tal proposito merita di essere ricordato che, con la Circolare 45/E del 2008, l’Agenzia delle Entrate aveva stabilito che il limite di valore oltre il quale i beni strumentali configuravano autonoma organizzazione era pari a 15.000 euro. In tal modo, infatti, venivano estese a tutti i soggetti i requisiti fissati per i contribuenti minimi.
È tuttavia successivamente intervenuta un’importante ordinanza della Corte di Cassazione n.18108 del 25 luglio 2013, con la quale è stato chiarito che non si ha autonoma organizzazione semplicemente superando il limite di 15.000 euro di valore dei beni strumentali.
Nell’Ordinanza è infatti stabilito che non è corretto soffermarsi solo sul dato quantitativo, poiché è necessario analizzare le spese affrontate dal contribuente anche dal punto di vista qualitativo, in considerazione dell’attività esercitata.
Per tale ragione, la disponibilità di costosi e complessi strumenti di diagnosi da parte dei medici di base convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale non configurano un’autonoma organizzazione, in quanto rientrano nelle attrezzature usuali di tali professioni (a tal proposito si vedano anche: Ordinanza n. 13048 del 2012 e la Sentenza n. 11197 del 2013, sempre della Corte di Cassazione).
In linea di massima è possibile ritenere che effettivamente ogni attività è connaturata dalla sue peculiarità, ragion per cui la fissazione di soglie fisse di importo rappresenterebbe sicuramente una forzatura.
È quest’ultima però la soluzione che sembra profilarsi all’orizzonte, soprattutto in considerazione del fatto che ai fini dell’individuazione del concetto di autonoma organizzazione è stata richiesta al Governo, con la delega fiscale, la definizione di specifici criteri oggettivi.
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