Nel periodo d’imposta 2017 le imprese in contabilità semplificata hanno applicato per la prima volta il reddito in base al principio di cassa di cui all’art. 66 del TUIR. Sono quindi numerose le incertezze che hanno reso più complicata del previsto la prima applicazione della novella legislativa.
Ad esempio le incertezze riguardano la semplificazione secondo la quale i ricavi si presumono incassati e le spese di considerano sostenute facendo riferimento al momento della registrazione dei documenti ai fini Iva. Se nell’anno 2017 viene emessa e registrata la fattura relativa alla vendita di una partita di merce, ed il ricavo viene incassato nel successivo anno 2018, il componente positivo di reddito concorre alla determinazione del reddito imponibile in cui è registrato il documento. Ciò anche laddove l’incasso non sia ancora avvenuto.
La semplificazione, che presume la coincidenza tra il momento di registrazione del documento ai fini Iva e la data di incasso o di pagamento, non si applica automaticamente. La possibilità è prevista dall’art. 18, comma 5 del D.P.R. n. 600/1973 e richiede l’esercizio dell’opzione.
Le maggiori incertezze riguardano la possibilità di spostare in avanti, in un anno successivo, la registrazione delle fatture in modo da influenzare il reddito di impresa collegato alla materiale registrazione dei documenti. In questi giorni si sta diffondendo la tesi secondo la quale non sarebbe possibile spostare in avanti, rispetto alla data di ricezione del documento e ai fini della determinazione del reddito, le fatture passive ricevute. Non si comprende quali siano le argomentazioni ed in ogni caso l’Agenzia delle Entrate si è espressa diversamente.
La Circ. n. 11/E del 13 aprile 2017 ha affermato che “Anche i ricavi percepiti, come già anticipato, si considereranno incassati al momento della registrazione delle fatture nonostante, ai fini della liquidazione dell’IVA a debito periodica, la registrazione del documento – da eseguirsi “entro quindici giorni… e con riferimento alla data della loro emissione” per le fatture ordinarie, ed “entro il termine di emissione e con riferimento al mese di effettuazione delle operazioni” per le “fatture differite” (cfr articolo 23 del DPR n. 633 del 1972) – produca effetto per il periodo in cui le operazioni sono state effettuate”.
In buona sostanza l’Amministrazione finanziaria afferma senza mezzi termini che il momento della registrazione del documento può legittimamente differire dal momento in cui l’Iva è esigibile. Il reddito, per i soggetti che si avvalgono della semplificazione in discorso, deve essere determinato in base al momento di materiale registrazione. Non sembra che all’espressione “nonostante, ai fini della liquidazione dell’IVA a debito periodica, la registrazione del documento … produca effetto per il periodo in cui le operazioni sono state effettuate”, possa essere attribuito un significato diverso.
Si potrebbe eccepire che l’indicazione dell’Agenzia delle Entrate ha riguardato solo le operazioni attive poste in essere e non le fatture ricevute, ma le ragioni sono intuibili. In linea di principio l’Amministrazione finanziaria si è preoccupata solo delle fatture attive emesse in quanto il differimento della registrazione, sia pure nel rispetto dei quindici giorni, rappresenta un’operazione finalizzata alla riduzione del reddito imponibile. Tuttavia il documento di prassi ne ha riconosciuto la legittimità. L’Agenzia delle Entrate non ha probabilmente ritenuto di dover affrontare il caso inverso, cioè il differimento della registrazione da un anno ad un altro delle fatture ricevute in quanto l’operazione determina, solitamente, l’incremento del reddito imponibile con un evidente vantaggio per il Fisco. In realtà non è così in quanto lo spostamento in avanti della registrazione della fattura ricevuta può dare luogo ad una diminuzione della perdita che in alcuni casi potrebbe essere favorevole al contribuente. Infatti, se la minore perdita comporta comunque un “azzeramento” del reddito complessivo, sarà più vantaggioso per il contribuente poter beneficiare della deduzione di un componente negativo di reddito nell’esercizio successivo.
Se l’Agenzia delle Entrate ha fornito una soluzione positiva circa il differimento della registrazione delle fatture attive e dell’ulteriore differimento della rilevanza reddituale, non si comprende per quale ragione la stessa regola non debba valere per le fatture passive ricevute. L’art. 19 e l’art. 25 del D.P.R. n. 633/1972 riguardano esclusivamente l’esigibilità dell’imposta che però si pone su di un piano completamente diverso rispetto alla determinazione del reddito collegata alla materiale registrazione dei documenti attivi e passivi.
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