Tale operazione potrebbe consentire infatti un’oculata gestione della partecipazione, nonché garantire l’ordinato e progressivo passaggio generazionale.
In primo luogo va analizzata l’imposizione che si sconta all’atto della disposizione delle partecipazioni nel Trust fiscalmente residente in Italia.
Ipotizzando che l’operazione venga posta in essere da una persona fisica non esercente attività d’impresa, all’atto della disposizione dei beni nel Trust non sorge alcun profilo impositivo reddituale; per quanto riguarda invece le imposte indirette, è noto che la disposizione dei beni in trust sconta l’imposta di donazione e successione. Si sottolinea che il comma 4-ter dell’art. 3 del D.Lgs. 346/1990 sulle successioni e donazioni, prevede un’esenzione, dall’imposta di donazione, nel caso di diposizione in trust di quote di maggioranza di società di capitali a favore del coniuge e dei discendenti a condizione che il trust conservi la partecipazione per un quinquennio.
Sintetizzando, all’atto della disposizione delle partecipazioni sociali nel Trust non sorgerà alcun profilo impositivo a patto che i beneficiari del fondo del Trust siano il coniuge e/o i discendenti.
Durante la gestione delle partecipazioni sociali all’interno del Trust, in ipotesi di cessione di una partecipazione qualificata o non qualificata, la plusvalenza in capo al trust è tassata come se lo stesso fosse una persona fisica. In ipotesi di cessione di una partecipazione qualificata, la plusvalenza sarà tassata sul 49,72% dell’ammontare; diversamente, in ipotesi di cessione di una partecipazione non qualificata la plusvalenza sarà soggetta a un’imposta sostitutiva del 26% (a partire dal 1° luglio 2014).
Per quanto riguarda invece i dividendi provenienti dalla quote o azioni disposte all’interno del Trust, i profili impositivi dipendono dalla tipologia di Trust.
I trust, dal punto di vista fiscale, possono essere trasparenti od opachi.
Entrambi sono soggetti Ires, ma mentre i primi sono fiscalmente trasparenti, attribuendo i redditi del trust direttamente ai beneficiari, i secondi sono opachi, quindi in capo al soggetto trust si genera imponibile Ires.
Un trust è opaco nel caso in cui i beneficiari del reddito non risultino identificati.
L’Amministrazione Finanziaria nella R.M. 425/E/2008 ha chiarito che per “beneficiario individuato” è da intendersi il beneficiario di “reddito individuato”, vale a dire il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito, una capacità contributiva attuale.
In caso di Trust opaco i dividendi percepiti sono sostanzialmente esclusi dalla formazione del reddito imponibile (al 95%), come avviene per i dividendi che concorrono a formare il reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 89 del Tuir.
La successiva attribuzione dei frutti a beneficiari non sconterebbe alcuna ulteriore imposizione. La tassazione complessiva dei dividendi ammonterebbe dunque all’1,375% (27,5%*5%).
In caso di Trust trasparenti ai beneficiari viene attribuito per trasparenza solo il 5% dei dividendi percepiti dal trust, anche se viene poi imputato ai beneficiari ai fini dell’imposizione Irpef (beneficiari persone fisiche).
È chiara la convenienza fiscale nella gestione dei dividendi rispetto alla holding societaria.
Per quest’ultima fattispecie si prevede infatti che:
a) i dividendi derivanti da partecipazioni qualificate S.r.l. o S.p.a. concorrono alla formazione del reddito complessivo Irpef nella misura del 49,72% del loro ammontare e sono assoggettati a imposizione progressiva secondo le aliquote delle imposte sul reddito in vigore al momento della percezione;
b) i dividendi da partecipazioni non qualificate sono assoggettati alla ritenuta alla fonte a titolo d’imposta pari al 26% (per i dividendi percepiti dal 1° luglio 2014).
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