I criteri a cui far riferimento per individuare la residenza fiscale di una persona fisica sono dettati dall’art. 2 del Tuir.
L’art. 2, D.P.R. 917/1986, dopo aver stabilito al comma 1 che soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato, dispone al successivo comma 2 che ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno, nel territorio dello Stato, il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile.
La norma in commento, dunque, qualifica un soggetto come residente in Italia quando lo stesso, per la maggior parte del periodo di imposta, è in possesso di uno dei seguenti requisiti:
• iscrizione alle liste anagrafiche della popolazione residente;
• domicilio nel territorio dello Stato;
• residenza nel territorio dello Stato.
Nel caso in cui un contribuente risultasse fiscalmente residente in Italia in base ai criteri anzidetti e risultasse fiscalmente residente anche in un Paese estero in base alla normativa interna di quel Paese, per dirimere la controversia sulla definizione della residenza fiscale delle persone fisiche si dovrà far ricorso, ove esistente, alla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dall’Italia con il Paese estero di riferimento.
Analizzate le suddette disposizioni normative, il contribuente potrà stabilire se considerarsi o meno fiscalmente residente in Italia.
Qualora un contribuente si consideri fiscalmente residente all’estero e di conseguenza in sede dichiarativa si limiti a dichiarare esclusivamente i redditi prodotti in Italia, sono possibili successive contestazioni dell’Amministrazione Finanziaria, la quale potrebbe ritenere che la residenza all’estero sia solo fittizia e finalizzata a sottrarre materia imponibile al fisco italiano.
In tal caso, le contestazioni che potranno essere mosse sono le seguenti:
• potrebbe essere contestata l’omessa presentazione della dichiarazione, qualora il contribuente non avendo prodotto redditi imponibili in Italia e considerandosi residente all’estero non abbia provveduto alla presentazione della dichiarazione dei redditi. In tal caso si applica sanzione amministrativa dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, con un minimo di 258 euro. Se non sono dovute impose la sanzione va da euro 258 a euro 1.032. Si ricorda inoltre che:
– qualora il trasferimento di residenza si avvenuto in un Paese black list (D.M. 4 maggio 1999) le sanzioni amministrative raddoppiano e vanno dal 240% al 480% dell’imposta dovuta;
– se l’imposta evasa è superiore a 30.000,00 euro scatta la sanzione penale che prevede la reclusione da 1 a 3 anni;
• potrebbe essere contestata la dichiarazione infedele nel caso in cui il contribuente ritenuto dall’Amministrazione Finanziaria residente in Italia ma che ha presentato la dichiarazione come soggetto non residente, si sia limitato a dichiarare una parte dei suoi redditi, magari solo quelli prodotti in Italia, sena dunque tassare tutti i redditi esteri. In tal caso la sanzione amministrativa va dal 100 al 200% della maggiore imposta o del minor credito. Si ricorda inoltre che:
– qualora il trasferimento di residenza si avvenuto in un Paese black list (D.M. 4 maggio 1999) le sanzioni amministrative raddoppiano e vanno dal 200% al 400% dell’imposta dovuta;
– se l’imposta evasa è superiore a 50.000,00 euro e l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante elementi passivi fittizi, è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o comunque è superiore a euro 2 milioni, scatta la sanzione penale che prevede la reclusione da 1 a 3 anni.
http://www.fiscal-focus.info/fisco/fittizia-residenza-all-estero-le-possibili-contestazioni,3,24321
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