È quanto emerge dalla sentenza n. 6738/11/14 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.
La controversia ha riguardato un avviso di accertamento a fini IVA, IRAP e IRES spiccato nei confronti di un’Associazione senza fini di lucro. L’atto è derivato da un PVC redatto dai funzionari dell’Agenzia delle Entrate che hanno ritenuto l’inesistenza, in capo alla contribuente, dei requisiti per il godimento delle agevolazioni fiscali previste per gli enti di tipo associativo.
Dell’accertamento sono stati messi a parte i giudici tributari di Milano che, in primo grado, hanno ritenuto fondata l’impugnazione, laddove la contribuente ha lamentato l’erronea individuazione, da parte dell’Ufficio, di proventi commerciali, in particolare con riguardo a un contributo fornito da una Fondazione che non poteva considerarsi riconnesso a una sponsorizzazione. L’Ufficio aveva altresì errato nel contestare ricavi non contabilizzati e non dichiarati e nel disconoscere i costi portati in deduzione.
Approdata di fronte ai giudici meneghini di secondo grado, la controversia ha avuto un esito ben diverso per il fisco: è stato accolto, infatti, l’appello proposto dalla difesa erariale, con conseguente integrale riforma del verdetto di prime cure.
Quanto al contributo ricevuto dalla Fondazione (pari a 150.000 euro), la CTR rileva come la contribuente lo abbia contabilizzato ai soli fini IRES e IRAP, pur avendolo ricevuto dietro impegno a fornire pubblicità. Il detto contributo, dunque, aveva come controprestazione la pubblicizzazione della Fondazione sicché, “andava, in quanto soggetto ad una obbligazione di fare, assoggettato ad IVA”; la CTR, allora, ha ravvisato l’inesistenza “dei requisiti formali e sostanziali per il godimento delle agevolazioni fiscali previste per gli enti di tipo associativo”, proprio come sostenuto dall’Ufficio appellante.
Peraltro, secondo la CTR, la contribuente non aveva inviato il modello EAS, con conseguente perdita dei benefici fiscali previsti dall’art. 148 del TUIR e dall’art. 4 del decreto IVA. La legge, poi, prevede che un soggetto che non riceve fattura entro 4 mesi dall’effettuazione di un’operazione debba presentare entro 30 giorni autofattura al competente ufficio delle Entrate allo scopo di regolarizzare il costo dedotto; mentre “l’associazione”, scrivono i giudici, “non ha provveduto in tal senso e ciò è rilevabile dal fatto che tanto nel bilancio di apertura, quanto in quello di chiusura è presente la voce ‘fatture da ricevere’ per pari importo di Euro 60.000 e che lo stesso conto nel corso dell’anno non presenta movimentazioni”.
Quanto ai costi, l’Associazione, secondo la CTR, non ha fornito all’Amministrazione finanziaria la documentazione richiesta, il che ha legittimato il recupero a tassazione degli stessi.
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