L’art. 35 citato è previsto nell’interesse dell’amministrazione fallimentare, che quindi è l’unica che può sollevare eccezioni circa la legittimità di un atto negoziale.
È quanto emerge dalla sentenza n. 13242/15 della Corte di Cassazione – Sezione Tributaria.
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ha ritenuto inammissibile, poiché intempestivo, il ricorso proposto nell’interesse di una SRL fallita, contro due avvisi di accertamento a fini IVA e IRAP.
Il giudice dell’appello ha ritenuto non operante, in favore della contribuente, la sospensione del termine per proporre ricorso giurisdizionale, atteso che la richiesta di accertamento con adesione era stata inoltrata dal curatore fallimentare in assenza dell’autorizzazione prevista dall’art. 35 della L.fall., con la conseguenza che la procedura di definizione agevolata doveva considerarsi nulla.
Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto erroneo il convincimento della CTR meneghina.
In effetti, l’art. 35 della legge fallimentare richiede un provvedimento del giudice delegato per l’integrazione dei poteri negoziali del curatore. Il detto giudice, sentito il comitato dei creditori, può autorizzare con decreto motivato il curatore a consentire riduzioni di crediti, a fare transazioni, compromessi, rinunzie alle liti, ricognizione di diritti di terzi, a cancellare ipoteche, a restituire pegni, a svincolare cauzioni e ad accettare eredità e donazioni.
Tuttavia, puntualizzano dal Palazzaccio, dalla mancanza di autorizzazione non può farsi discendere la nullità della procedura dell’accertamento con adesione e, quindi, per il caso in esame, la mancata sospensione, per un periodo di novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza, del termine per l’impugnazione dell’avviso prevista al comma 3 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 218 del 1997.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, invece, la mancanza dell’autorizzazione in parola – a integrazione dei poteri spettanti al curatore nello svolgimento di attività negoziale – è causa, non già la nullità dei negozi posti in essere, ma di annullabilità dei medesimi. Annullabilità che, essendo il citato articolo 35 previsto nell’interesse dell’amministrazione fallimentare, può essere fatta valere, ai sensi dell’art. 1441 cod. civ., unicamente da quest’ultima.
Pertanto nella fattispecie, scrive la Sezione Tributaria di Piazza Cavour, “non si è determinata la nullità del procedimento di accertamento con adesione, e la presentazione dell’istanza da parte del curatore ha prodotto la sospensione del termine, con conseguente tempestività del ricorso giurisdizionale”.
La CTR meneghina dovrà riesaminare il caso.
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