Quando condanna il contribuente per il reato di omessa dichiarazione, il giudice non può non ordinare la confisca dei beni. Vanno anche applicate le pene accessorie previste dall’art. 12, comma 1, del D.Lgs. n. 74/2000.
È quanto si ricava dalla sentenza 22 marzo 2016, n. 12195, della Terza Sezione Penale della Cassazione.
Il Tribunale di Fermo ha pronunciato sentenza di condanna nei confronti di una donna che non ha presentato la dichiarazione dei redditi IVA per l’anno 2008, per un importo di poco inferiore a 100 mila euro.
Il Tribunale, disposta la condanna della prevenuta alla pena di un anno di reclusione, non ha ordinato la confisca dei beni costituenti il profitto del reato, né ha applicato le pene accessorie. Di qui la decisione della Procura di proporre il ricorso di legittimità, che è stato accolto.
Gli ermellini hanno annullato la decisione gravata limitatamente all’applicabilità delle pene accessorie e della confisca, con rinvio al Tribunale marchigiano.
Il ricorso della Procura è fondato perché l’art. 1, comma 143, L. n. 244/2007 dispone che nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del D.Lgs. n. 74/2000, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’articolo 322-ter del codice penale; a mente del cui primo comma “nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”.
Nel caso di specie, dunque, l’applicazione della confisca era doverosa, com’erano doverose le pene accessorie.
Infatti la condanna per taluno dei delitti previsti dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000 importa:
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