Rivalutazione inutile in caso di cessione dei beni prima del 2017
Premessa – Nella rivalutazione dei beni d’impresa prevista dalla legge di stabilità, il maggior valore attribuito ai beni è riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dal 2016. Però in caso di “estromissione” dei beni rivalutati anteriormente al 2017, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo dei beni prima della rivalutazione.
Legge di stabilità – Con l’art. 1, co. 140-146, L. 27.12.2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), pubblicata nel S.O. n. 87 della G.U. 27.12.2013, n. 302) il Legislatore, anche richiamando – in quanto compatibili – precedenti disposizioni di rivalutazione (contenute nella L. 21.11.2000, n. 342 e nella L. 30.12.2004, n. 311) e le relative disposizioni di attuazione (di cui al D.M. 13.4.2001, n. 162 e dal D.M. 19.4.2002, n. 86), ha proposto una norma c.d. “salva-bilancio”.
Rivalutazione – Con il fine, tra l’altro, di aumentare il patrimonio netto delle società, quindi di evitare la necessaria copertura delle perdite che potrebbero derivare dalla crisi economico-finanziaria in atto, ha concesso alle imprese che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio la possibilità di derogare al criterio del costo previsto dal Codice civile (ex art. 2426 c.c.) e di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa.
Imposta sostitutiva – Gli effetti fiscali sono subordinati al versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, delle relative addizionali e dell’Irap (aliquote del 16% per i beni ammortizzabili e 12% per i beni non ammortizzabili). La valenza fiscale della procedura di rivalutazione opera a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita (2016).
Estromissione bene – È altresì stabilito che, in caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci, di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo dei beni prima della rivalutazione. In pratica, nelle dette ipotesi sarà possibile tenere conto del valore risultante dalla rivalutazione soltanto a partire dal 2017.
Credito d’imposta – In base all’art. 3, comma 3, del D.M. n. 86/2002, richiamato nel comma 146, in caso di cessione (o fattispecie assimilate) dei beni rivalutati in un periodo in cui non sono ancora riconosciuti i maggiori valori, al soggetto che ha eseguito la rivalutazione è attribuito un credito d’imposta, ai fini IRES o IRPEF, pari all’ammontare dell’imposta sostitutiva riferibile ai beni ceduti. Il credito è attribuito in misura pari alla quota parte delle rate pagate e per tali beni non devono essere effettuati gli eventuali versamenti residui. L’ammontare dell’imposta sostitutiva va portata ad incremento del saldo attivo di rivalutazione nella misura corrispondente al maggior valore attribuito ai beni ceduti.
Cessione – Se il bene è ceduto prima dell’effettuazione del pagamento dell’imposta sostitutiva, la stessa non è dovuta. La cessione del bene rivalutato nel corso del periodo pendente fa cessare lo stato di sospensione del saldo attivo, sino a concorrenza del maggior valore attribuito ai beni ceduti. Parimenti, in caso di distribuzione del detto saldo, con l’assoggettamento all’imposizione ordinaria, sono immediatamente riconosciuti i maggiori valori attribuiti ai beni rivalutati.