La vicenda. Il protagonista della vicenda giudiziaria in esame ha citato Equitalia dinanzi al Giudice di pace di Padova per sentirla condannare al risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 59 D.P.R. n. 602/1973, una volta accertata in via incidentale l’illegittimità della procedura di irrogazione e riscossione a mezzo ruolo esattoriale di una sanzione amministrativa per violazione al Codice della strada, promossa con avviso di mora per il pagamento di una cartella. Non essendo avvenuto il pagamento da parte dell’obbligato, la procedura si era conclusa con l’adozione di atti esecutivi veri e propri.
I giudici di merito. L’adito Giudice di pace di Padova ha rigettato la domanda di risarcimento ex art. 59 D.P.R. n. 602/73 poiché, non avendo l’attore impugnato i provvedimenti contestati, non è stato possibile ravvisare nell’attività esecutiva del Concessionario della riscossione alcun carattere di illecito. In ogni caso, è mancata la prova del preteso danno. Ad analoghe conclusioni è giunto il Tribunale in sede di appello, sicché il giudizio è proseguito in cassazione.
Il principio di diritto enunciato dalla S.C.. Orbene, investita dell’esame della controversia, la Suprema Corte, ricostruito il quadro normativo di riferimento, ha ritenuto del tutto corretto il verdetto dei giudici di merito alla luce del seguente principio di diritto: in caso di esecuzione esattoriale per sanzioni amministrative, non è data al debitore azione di risarcimento del danno, né ai sensi dell’articolo 59 del D.P.R. 29 settembre 1972, n. 603 né ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, ove sia fondata sulla circostanza del volontario pagamento degli importi richiesti e su motivi di ingiustizia o di illegittimità di atti presupposti o preliminari all’esecuzione stessa, che il debitore abbia volontariamente omesso di impugnare nelle competenti sedi; e tanto, sia perché egli era gravato di un onere in senso tecnico in tale ultimo senso ed è quindi decaduto dalla possibilità di azionare quelle doglianze anche in sede meramente risarcitoria, sia perché la conseguita definitività di quegli atti elide in radice, se non anche la stessa ingiustizia del danno, quanto meno – in difetto di diverse e ulteriori, ma specifiche, allegazioni – l’elemento soggettivo dell’agente.
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