Le piccole e medie imprese nel modello Unico 2018 potranno optare per la nuova Iri, l’imposta sul reddito dell’impresa con aliquota al 24%, prevista dalla legge di Bilancio 2017. Ma questa nuova imposta sul reddito delle imprese è davvero conveniente per le piccole medie imprese e le società di persone? La valutazione si basa su alcuni fattori: in primis il livello del reddito; l’incidenza delle addizionali all’Irpef, ma anche la quantità di “prelievi” di utili effettuata dall’imprenditore, la presenza di detrazioni personali e di altri redditi accanto a quello d’impresa, ad esempio ad attività di lavoro dipendente, altre collaborazioni o possesso di fabbricati. Chi dovesse restare, alla tassazione ordinaria paga in genere aliquote più alte, perché anche chi ricade nel primo scaglione Irpef del 23% deve spesso aggiungere l’addizionale comunale e regionale, con un’incidenza media intorno al 2%. Ma allo stesso tempo, questo tipo di tassazione, offre il vantaggio di dedurre dall’imponibile i contributi previdenziali, e sull’Irpef lorda di scaricare eventuali detrazioni personali, figli a carico, interessi sul mutuo, e spese mediche. Ma chi preleva un elevato importo degli utili per impiego personale, ma anche gli imprenditori individuali, potrebbero avere limitata convenienza a scegliere l’Iri, proprio perché gran parte del reddito cadrebbe comunque nella tassazione ordinaria. In più, l’Iri, è riservata solo a chi esercita attività d’impresa in contabilità ordinaria. Quindi le imprese in contabilità semplificata dovrebbero rinunciare ai vantaggi in termini di adempimenti e di tenuta dei registri per poter accedere alla tassazione proporzionale.
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