L’obiettivo della modifiche è quello di evitare la tassazione integrale in capo alla persona fisica percettore fiscalmente residente in Italia, in caso i suddetti elementi di reddito derivino da una partecipazione indiretta, e in particolare nel caso in cui il socio italiano è titolare di una partecipazione NON di controllo in una società intermedia white list che consegue, a sua volta, utili da partecipate paradisiache.
L’attuale normativa – In base all’art. 47, co. 4 D.P.R. 917/1986 sono tassabili integralmente gli utili provenienti da società residenti in Stati o territori diversi da quelli indicati nella “white list” di cui al D.M. da emanarsi ai sensi dell’art. 168-bis; come noto, tale decreto deve ancora essere emanato per cui si fa riferimento al D.M. 21 novembre 2001.
In base alla disciplina attualmente vigente, così come modificata dal D.L. n. 223/2006, l’esistenza di eventuali holding estere, che si interponessero nella risalita dei dividendi lungo la catena partecipativa, non incide sul regime di tassazione dei dividendi in capo al socio ultimo italiano.
Come evidenziato nella circolare 4 agosto 2006, n. 28/E, par. 24, e ribadito nella C.M. 51/E/2010, l’utilizzo del termine “provenienti” risponde all’esigenza di evitare triangolazioni sui dividendi che consentano ai soci residenti in Italia di percepire utili provenienti dai paradisi fiscali attraverso società intermedie (c.d. conduit companies), sostanzialmente interposte, localizzate in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata.
Le opzioni – Nella tassazione dei dividendi da società paradisiache bisogna tener conto che:
- si avrà una tassazione sul 49,72% dell’ammontare dei dividendi in ipotesi di partecipazione qualificata con applicazione della ritenuta a titolo di acconto del 26%;
- l’applicazione di ritenuta a titolo di imposta del 26% nel caso di partecipazione non qualificata; la ritenuta è operata a titolo di imposta se viene ottenuta una risposta positiva all’interpello o se i titoli della società che li distribuisce sono negoziati in mercati regolamentati.
I dubbi della norma e proposte di modifica – Benché la finalità della norma attualmente in vigore sia senz’altro da condividere, non può non essere evidenziato che questa risulta di difficile applicazione. Infatti, eventuali holding white list che controllano società paradisiache dovranno dettagliatamente individuare e comunicare al socio percettore persona fisica italiana, nel complesso degli utili distribuiti, quelli generati dalle partecipate nel paradiso fiscale, per evitare che il socio italiano sia a rischio contestazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
La proposta di modifica ha l’obiettivo di limitare la tassazione integrale ai casi in cui il socio italiano detenga partecipazioni di controllo in società white list che detengono partecipazioni (di controllo o di collegamento) in società paradisiache.
In sostanza, la tassazione integrale, in caso di partecipazione indiretta, opera soltanto se il socio italiano è titolare di una partecipazione di controllo in una società intermedia non black list che consegue, a sua volta, utili da partecipate in Stati o territori a fiscalità privilegiata.
Chiarisce la relazione illustrativa, che soltanto in questa ipotesi il socio italiano è in grado di conoscere la provenienza degli utili e di agire come dominus dell’investimento partecipativo nella società localizzata nel Paese black list.
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