Dette modifiche sono entrate in vigore dal 1° gennaio 2016, in virtù di quanto stabilito dalla legge di stabilità 2016 (cfr art. 1, co. 133 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208), che ha di fatto anticipato la decorrenza, inizialmente prevista dal 1° gennaio 2017.
Una delle previsioni maggiormente significative proposte dal legislatore della revisione normativa va individuata nell’istituto della riduzione di un terzo applicabile alla sanzione prevista per la dichiarazione infedele, in presenza di determinate circostanze, riduzione applicabile in tutti i settori impositivi di cui al D.Lgs n. 471/1997: imposte sui redditi e relative addizionali, Irap, sostituto d’imposta e Imposta sul valore aggiunto.
Nella Risoluzione n. 131/E del 23/10/2017 l’Agenzia delle Entrate ha ammesso, in presenza di particolari circostanze, l’applicabilità in via autonoma dell’attenuante sanzionatoria, in sede di ravvedimento operoso, da parte del contribuente.
Le misure sanzionatorie per l’infedele dichiarazione dei redditi – Come si rileva dalla rubrica dell’art. 1 del D.Lgs n. 471/1997, in toto riformulato dall’art. 15, co. 1 lett. a) del D.Lgs n. 158/2015, vengono disciplinate nella nuova disposizione le violazioni commesse sia in materia di imposte sui redditi che in materia di imposta regionale sulle attività produttive.
Il D.Lgs n. 158/2015 ha introdotto una discreta riduzione delle misure della sanzione base prevista in tema di dichiarazione infedele; in particolare, ai sensi del comma 2 dell’art. 1 in commento, la sanzione viene fissata nella misura dal 90% al 180% (in luogo dell’originaria misura prevista dal 100% al 200%).
Trattasi della sanzione di riferimento cui si rendono applicabili gli incrementi o le riduzioni previste dai commi successivi in relazione a particolari comportamenti caratterizzati, nel primo caso da fraudolenza, nel secondo da evasioni di lieve entità.
L’attenuante speciale in materia di imposte sui redditi – Il successivo comma 4 dell’art. 1 in commento introduce l’attenuante della modica evasione: viene, infatti, stabilita la riduzione di un terzo della sanzione prevista dal comma 2 (che quindi si applica dal 60% al 120%) qualora, al di fuori del caso di dichiarazione fraudolenta, la maggiore imposta o il minor credito accertati siano complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati e, comunque, complessivamente inferiori a 30.000 euro.
La riduzione in questione viene estesa anche ai casi (non fraudolenti) in cui l’infedeltà dichiarativa è conseguenza di un errore sull’imputazione temporale di componenti positivi o negativi di reddito, purché gli stessi abbiano concorso a determinare il reddito nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente. La disposizione prevede, infine, una sanzione fissa pari a 250 euro in assenza di danno per l’Erario.
La lettera della norma ancora il beneficio della riduzione di un terzo ad un confronto tra i dati dichiarati (nell’originaria dichiarazione) dal contribuente e quelli “accertati” dall’Ufficio; ne consegue che, in assenza di “dati accertati”, non sia possibile fruire della riduzione sanzionatoria.
La questione è tutt’altro che teorica, assumendo pieno rilievo nel momento in cui il contribuente si accinge a regolarizzare la dichiarazione infedele mediante ravvedimento operoso, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs n. 472/1997: in tale contesto, non siamo in presenza di un accertamento già notificato (circostanza che sarebbe ostativa al medesimo ravvedimento), ma è lo stesso contribuente che opta per una regolarizzazione spontanea (ancorché, al limite, indotta dalla previa notifica di un processo verbale di constatazione, redatto a conclusione di un’attività ispettiva).
Non essendovi materia impositiva accertata, in altri termini, mancano i presupposti per l’applicazione della riduzione sanzionatoria di cui al comma 4 dell’art. 1 in commento.
L’interpello del contribuente – Sul tema in commento è stata richiesta una consulenza giuridica alla Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate, che si è pronunciata con la Risoluzione n. 131/E del 23/10/2017.
Il caso esaminato è assai peculiare e riguarda un’azienda (istante) cui l’Ufficio Controlli di una Direzione Regionale aveva contestato, nell’ambito di un’attività istruttoria, l’errata deduzione, negli anni d’imposta dal 2012 al 2015, degli accantonamenti relativi alle spese di cui all’articolo 107, comma 2, del Tuir, relative alla gestione di tratte autostradali.
La violazione (ripetuta nei quatto anni oggetto di ispezione fiscale) veniva qualificata dall’Ufficio come errore legato all’imputazione temporale di elementi negativi di reddito e aveva comportato, per l’anno 2012, l’emissione di un avviso di accertamento con il quale veniva comminata la sanzione per infedele dichiarazione, ridotta di un terzo ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del D.Lgs n. 471/1997, avviso per il quale, peraltro, la società istante aveva presentato all’Ufficio istanza di accertamento con adesione, ai sensi del D.Lgs n. 218/1997.
Ora, poiché il medesimo errore era stato commesso anche nei periodi d’imposta successivi al 2012 (ovvero dal 2013 al 2015), come già in sostanza formalizzato dall’Ufficio in sede ispettiva, la società manifestava al medesimo la volontà di regolarizzare l’infedele dichiarazione relativa alle successive annualità, beneficiando ugualmente dello sconto del terzo sulla sanzione, già riconosciuto dall’Agenzia per l’anno 2012.
Attesa la peculiarità del caso, la questione veniva proposta alla Direzione Centrale Normativa, la quale ha fornito un’interpretazione del tutto condivisibile, dettata dal buon senso e dall’esigenza di salvaguardare ed incentivare (quale strumento preventivo e deflativo del contenzioso) il ricorso all’istituto del ravvedimento operoso.
La tesi della Direzione Centrale Normativa – La tesi proposta dal contribuente convince la Direzione Centrale Normativa la quale, dopo aver brevemente richiamato la disposizione normativa che prevede l’operatività dell’attenuante speciale ove l’infedeltà sia conseguenza di un errore sull’imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito, purché il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del reddito nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente, precisa che, “per beneficiare di tale riduzione – specifica ai fini delle imposte sui redditi – è necessario che il componente positivo sia stato già erroneamente imputato e, quindi, abbia concorso alla determinazione del reddito, nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente. Con riferimento al componente negativo, invece, è necessario che lo stesso non sia stato dedotto più volte”.
Richiama, quindi, la chiave ermeneutica della norma, dal tenore della relazione illustrativa, per cui “le riduzioni in esame possono essere applicate solo in sede di accertamento, con la conseguenza che il contribuente non può tenerne autonomamente conto per determinare la sanzione in caso di ravvedimento operoso. E ciò perché presupposto per la piena operatività della riduzione sanzionatoria è la presenza di un’attività di controllo da parte degli organi accertatori, volta a verificare che l’infedeltà commessa dal contribuente sia caratterizzata dall’elemento soggettivo della colpevolezza, dall’assenza di frode e costruita attraverso una condotta non insidiosa per l’Amministrazione finanziaria. In altre parole, solo l’Ufficio può effettuare un’analisi ponderata di tutte le irregolarità riscontrate al fine di verificare l’esiguità dell’evasione e la scarsa insidiosità della condotta posta in essere”.
Ammissibilità del ravvedimento con attenuante speciale – La medesima Direzione Centrale, tuttavia, concorda con la tesi avanzata dal contribuente (e, di fatto, ammessa in ipotesi anche dalla DRE interessata), per cui nel particolare caso oggetto d’interpello non sussiste la medesima esigenza, avendo l’Ufficio già rilevato in sede ispettiva l’errore e la sua reiterazione nei vari periodi d’imposta, errore peraltro già oggetto di accertamento per un’annualità d’imposta (il 2012).
Precisa ulteriormente l’Agenzia che in tal caso non sarebbe nemmeno il contribuente ad inquadrare la violazione commessa nella tipologia “errata imputazione temporale”, atteso che in tal guisa è stato qualificato dal medesimo ufficio accertatore.
In conclusione, per la Direzione Centrale adita, il contribuente istante può legittimamente applicare in via autonoma la riduzione prevista dall’art. 1, comma 4 del D.Lgs n. 471/1997, in sede di ravvedimento operoso, con riferimento alla annualità d’imposta, interessate dalla reiterazione dell’errore commesso nel 2012, ma non ancora oggetto di accertamento da parte dell’Ufficio.
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