È quanto emerge dall’ordinanza n. 1151 pubblicata in data 18 gennaio 2018 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.
Il fatto, in estrema sintesi, è il seguente. La Suprema Corte respinge il ricorso prodotto da una donna che, nonostante la fine del matrimonio, ha ricevuto una cartella di pagamento, portante un’ingente somma, in relazione a un avviso di accertamento attinente a un anno per cui era stata presentata dichiarazione congiunta ai sensi dell’articolo 17 L. n. 114 del 1977, notificato solamente all’ex marito e da lui impugnato senza successo.
Le numerose censure difensive non hanno indotto i Giudici di legittimità a rivedere il proprio consolidato orientamento riguardo all’interpretazione dell’articolo 17 della legge n. 114 del 1977.
In particolare, gli Ermellini ribadiscono che la norma (nella versione applicabile ratione temporis), nel prevedere che i coniugi non separati hanno la facoltà di “presentare su unico modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di essi”, dispone che: a) le somme dovute vanno iscritte a ruolo a nome del marito e che la conseguente cartella va a questi notificata nonché che gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi con notifica eseguita nei confronti dei marito; ed altresì che b) “i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie ed interessi iscritti a ruolo a nome del marito”.
Tali disposizioni vanno lette nel senso che, con la libera scelta di presentare la dichiarazione congiunta, i coniugi dichiaranti accettano anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell’istituto e, specificamente, sia quelli inerenti alla previsione della notifica degli atti impositivi al solo marito sia quelli concernenti le conseguenze (sostanziali e processuali) proprie delle obbligazioni solidali, a prescindere dalle successive vicende del matrimonio.
La S.C. pertanto afferma “che la responsabilità solidale dei coniugi per il pagamento dell’imposta e accessori, iscritti a ruolo a nome del marito a seguito di accertamento, prevista dal citato art. 17, u.c., non è influenzata dal venir meno, successivamente alla dichiarazione congiunta, della convivenza matrimoniale per separazione personale; né l’assenza di qualsiasi rilevanza ostativa è suscettibile di dar corpo ad un dubbio di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 24 Cost. (cfr. Corte cost., ord. n. 215 del 2004), essendo da escludere che la mancata proposizione o il rigetto del ricorso avverso l’atto impositivo notificato al marito renda definitiva l’obbligazione tributaria nei confronti della moglie separata, avendo costei la possibilità di proporre autonoma impugnazione avverso il primo atto ad essa notificato e di far valere, in tale sede, tutte le possibili ragioni di contrasto con la pretesa tributaria, in relazione anche alla mancata notifica diretta degli atti precedenti (e in primo luogo dell’avviso di accertamento)” – v. ex multis Cass. n. 1463/16, n. 17160/14, n. 19026/14.
Si deve altresì ritenere che “che – per effetto della solidarietà sancita dal legislatore – la tempestiva notifica al marito dell’avviso di accertamento (come della cartella di pagamento), non solo impedisce qualsiasi decadenza dell’Amministrazione finanziaria anche nei confronti della moglie co-dichiarante, ma comporta altresì, a seguito dell’instaurazione del giudizio tra l’Amministrazione finanziaria ed il marito, l’interruzione con effetti permanenti del decorso della prescrizione anche nei confronti della moglie co-dichiarante” (v., tra le altre, Cass. n. 1463/16).
Perciò (così Cass. n. 1406/11, n. 6224/05, n. 8136/01), anche ai fini della solidarietà sancita in materia dall’articolo 17, “l’azione giudiziaria e la pendenza del relativo processo nei confronti di uno dei condebitori solidali determinano l’interruzione permanente della prescrizione anche nei confronti del condebitore rimasto estraneo al giudizio.”
La donna è stata condannata dalla Suprema Corte al pagamento delle spese del giudizio.
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