Ai sensi del citato art. 165 il credito d’imposta in esame è ammesso in detrazione dall’imposta netta in presenza delle seguenti 3 condizioni:
pagamento delle imposte estere a titolo definitivo.
Il primo elemento di analisi è l’identificazione dei redditi esteri oggetto della disciplina in esame.
In base all’articolo 165, comma 2, del Tuir “i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato”.
In base al disposto dell’articolo 23 del D.P.R. 917/1986, ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato:
a. i redditi fondiari;
b. i redditi di capitale corrisposti dallo stato italiano, da soggetti residenti nel territorio dello stato italiano o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti, con esclusione degli interessi e altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali;
c. i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato, compresi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente;
d. i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato;
e. i redditi d’impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni;
f. i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti;
g. i redditi di cui agli articoli 5 (redditi prodotti in forma associata), 115 e 116 (opzione per la trasparenza fiscale) imputabili a soci, associati o partecipanti non residenti.
In pratica, si considerano redditi prodotti all’estero tutti quei redditi che, se prodotti da un soggetto non residente, sarebbero assoggettati ad imposizione in Italia.
L’Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione 147/E/2007, ha precisato che la definizione interna di “reddito prodotto all’estero” è finalizzata a chiarire l’ambito di applicazione dell’istituto nei casi in cui un soggetto residente sia stato assoggettato a tassazione in relazione a redditi prodotti in un Paese con cui l’Italia non abbia firmato una Convenzione contro le doppie imposizioni. Infatti, in mancanza di un accordo, e tenuto conto delle notevoli diversità degli ordinamenti nazionali e dei criteri di collegamento tra i redditi e il territorio, il comma 2 dell’art. 165 prevede il riconoscimento del credito nei soli casi in cui viene assoggettato a tassazione, nel Paese estero, un reddito che, se prodotto in Italia da un non residente, sarebbe qui stato tassato.
Sempre in tema di redditi esteri, è intervenuta Assonime con la circolare n. 24 del 16 giugno 2006
Nel citato documento ha osservato che:
– per la determinazione dei redditi esteri, la reciprocità non opera per i redditi disciplinati da una convenzione internazionale contro le doppie imposizioni;
Nella C.M. 9/E/2015, l’Amministrazione Finanziaria chiarisce che la lettura “a specchio” non è applicabile, in presenza di una Convenzione che evita la doppia imposizione adottando il metodo del credito d’imposta. Sul punto l’Agenzia delle Entrate nella citata Circolare n. 9/E precisa che:
“In applicazione della norma convenzionale […] il diritto al credito viene riconosciuto in riferimento a qualsiasi elemento di reddito che lo Stato della fonte ha assoggettato ad imposizione conformemente alla specifica Convenzione applicabile”.
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