D.L. 225/2010 – La norma originaria, contenuta nell’art. 2, commi da 55 a 58, D.L. 225/2010, è stata introdotta per porre rimedio al divario di incidenza delle imposte differite attive, denominate anche “anticipate”, nei bilanci degli operatori italiani (in particolare, banche e enti creditizi e finanziari) rispetto a quelli europei. Divario che dipende dal nostro regime fiscale meno favorevole, in quanto impedisce di dedurre integralmente le rettifiche su crediti nell’anno di formazione, generando attività fiscali differite (Dta).
Incidenza – Inoltre, l’elevata incidenza delle Dta si traduce in una penalizzazione sul piano della dotazione patrimoniale delle banche italiane. Infatti, in base alla nuova disciplina in materia di patrimonio di vigilanza prevista dal Comitato di Basilea (Basilea 3), dal momento che le Dta non sono nella piena disponibilità della banca devono essere dedotte dal patrimonio di vigilanza.
Evoluzione normativa – Successivamente, l’art. 9, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (conv. con L. 214/2011) ha ampliato la possibilità di trasformazione delle differite attive anche in presenza di perdite fiscali, ovvero di liquidazione volontaria o assoggettamento a procedure concorsuali o di gestione della crisi, circoscrivendo la stessa alla quota della perdita riferibile alle svalutazioni e agli ammortamenti già citati.
Legge di stabilità 2014 – La Legge di stabilità 2014, con riferimento ai crediti di bilancio esposti dalle banche, tipicamente soggetti Ias adopter, estende la conversione delle differite attive in crediti di imposta alle perdite su crediti contabilizzate. Esse pertanto sono equiparate alle svalutazioni dei crediti non ancora dedotte. Inoltre, per tutte le imprese, la norma estende all’Irap l’intera disciplina, ponendo fine ai dubbi generati dalla formulazione della norma originaria, anche se la C.M. 37/E/2012 menziona le imposte differite attive “iscritte in bilancio” senza alcuna distinzione tra Ires e Irap.
Agenzia della Entrate – La C.M. 37/E/2012 dell’Agenzia delle Entrate precisa che la trasformazione delle imposte differite attive (Dta) in crediti d’imposta è legata al bilancio perché la norma fa riferimento alle Dta iscritte in bilancio. Pertanto, se le imposte differite attive sono state compensate con eventuali imposte differite passive, oppure sono state svalutate in quanto non ricorrevano, totalmente o parzialmente, i requisiti per l’iscrizione in bilancio (oppure il mantenimento dell’iscrizione), l’importo da considerare ai fini del calcolo dei crediti di imposta è quello risultante dalla voce dell’attivo dello stato patrimoniale.
Imposte svalutate – Rilevano invece, le differite attive, in precedenza svalutate (o eliminate) dall’attivo del bilancio, oppure non iscritte, in quanto non ne ricorrevano i presupposti, che sono successivamente iscritte nel bilancio. La circolare avverte che, sentita la Banca d’Italia, la trasformazione delle differite attive in crediti di imposta opera ex lege quando si verificano i presupposti previsti dalla norma: pertanto, è obbligatoria. Questo non avviene per i soggetti diversi dalle banche, per i quali la norma costituisce un’agevolazione che può essere utilizzata in via facoltativa.
Componenti negativi – Inoltre, la norma prevede che, con decorrenza dal periodo d’imposta in corso alla data di approvazione del bilancio, non sono deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d’imposta: questo per evitare che si generi un doppio beneficio fiscale.
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