Il caso. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di verifica generale della contabilità, contestava alla società contribuente la violazione del principio di competenza, riprendendo a tassazione ricavi per alcune migliaia di euro. Da qui il contenzioso tributario che è arrivato sino in Cassazione dove è stata confermata la sentenza della CTR che aveva parzialmente accolto le ragioni della parte privata. L’Ufficio è stato condannato alle spese.
Osservazioni della S.C. L’articolo 52 del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce che i libri, registri, scritture e documenti di cui si è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede contenziosa o amministrativa. A tal riguardo è pacifico l’orientamento secondo il quale i documenti prodotti dal contribuente nel giudizio tributario in cui si controverta sull’IVA, dei quali abbia in precedenza rifiutato l’esibizione all’Amministrazione Finanziaria, non possono essere presi in considerazione ai fini del decidere. Tuttavia, rilevano i supremi giudici, nel caso di specie “non risulta che la documentazione e le fatture atte a provare lo svolgimento nel 1998 dei lavori relativi alle fatture da emettere, fossero state sottratte intenzionalmente ai verificatori e che pertanto la successiva produzione in giudizio fosse inammissibile benché irrilevante”.
La Corte, proseguendo nel suo percorso decisionale, ricorda che in tema di accertamento dell’IVA l’articolo 52 costituisce norma facente eccezione a regole generali, che non può essere applicata oltre i casi e i tempi da essa considerati e deve essere interpretata, in coerenza e alla luce dei principi affermati dagli articoli 24 e 53 Cost., in modo da non comprimere il diritto alla difesa e di obbligare il contribuente all’effettuazione di pagamenti non dovuti, quindi nel senso che, per essere sanzionato con la perdita della facoltà di produrre i libri e le altre scritture, il contribuente stesso deve aver tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova, dunque capace di far fondatamente dubitare della genuinità di documenti che affiorino soltanto in seguito nel corso di giudizio (cfr. Cass. sentenza n. 16536/2010).
Ebbene, la ricorrente Agenzia delle Entrate non ha precisato a quali specifiche fatture, che non erano state esibite nel corso della verifica fiscale, intendesse fare riferimento nel motivo da lei articolato, pertanto lo stesso è stato disatteso dagli Ermellini, anche perché non è risultato in alcun modo nel corso del giudizio di merito che la parte privata si sia sottratta dolosamente o colposamente all’esibizione della documentazione in questione.
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